L’EPIGASTRIO DI NONNA

Nonna scoreggiava. C’è un filo diretto tra la visione del mondo e quel che avviene nell’epigastrio; al di là delle diverse profondità che vanno dal pensiero (più in superficie) alle emozioni (che si radicano piuttosto nella paleocorteccia) quello che conta viene concentrato nella pancia. C’è chi trattiene, gli idealisti e i metafisici per intenderci che pongono una barriera intellettuale tra le cose, e chi come nonna (che era fenomenologa prima ancora che materialista) le avvicina senza sovrastrutture linguistiche o formali. Le cose si possono pensare o vivere, nonna di più a quanto pare le fagocitava. Di per sé già la parola comprensione rimanda alle mani e al corpo che afferrando qualcosa conosce; nella fagocitazione c’è qualcosa di ancora più profondo, la masticazione del pensiero che diventa appunto una ruminazione, con quel che ne consegue sul piano fisiologico. Perché nonna ruttava, seppure arrossendo al momento dell’emissione di quella gutturale il cui suono è pur sempre sgradevole. Faceva brup e qualcosa di simile al raglio di un asino, poi si metteva la mano davanti alla bocca (poi, perché le mani non erano sincronizzate e i movimenti si facevano lenti con gli anni) quasi a scusarsi per essersi lasciata andare ai bisogni ineluttabili. Ed è proprio questo il punto, si lasciava andare verso le cose come se Platone (o Agostino) non fosse esistito. Le idee sono pur sempre portate da intellettuali e il suo era uno stomaco contadino abituato al poco in tavola; l’ho vista inorridire davanti a antipasti raffinati ma non sostanziosi. Le idee appunto che mettono fame e non saziano mai. Nonna non aveva quella forma di analità intellettuale, non tratteneva; si limitava alla sospensione del giudizio quando poteva e se proprio non riusciva evocava dall’intimità ciò che aveva assorbito. Anche i pensieri, che non per niente sono fatti di aria. Non c’è più nonna, era un’altra epoché la sua; con poche certezze, nessuna verità, ma capace di avvicinare le cose nella loro superficiale e sensuale profondità.

Autore: Giancarlo Buonofiglio

Manipolo paradossi sito web http://giancarlobuonofiglio.weebly.com/

22 pensieri riguardo “L’EPIGASTRIO DI NONNA”

  1. Divertente,chissà com’è che questi argomenti fanno sempre ridere sia da piccoli che da adulti,in casa mia abbiamo un gran rispetto per le scorreggie libere(però quelle fisiologiche ,sono poco tollerate quelle silenziose). I rutti sono tollerati se silenziosi.😀😀😀

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  2. Troppo chic o educata castrata per “fare certe cose ” in pubblico per umana decenza, il mio cane non si fa scrupoli… Mi ha comunque incuriosito la riflessione che ne fai.
    Interessante. A più livelli, strati.
    Eletta

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      1. Anche il mio cane capisce. Eletta è stata educata a essere educata: niente dita nel naso in pubblico e via dicendo. Poi, nel privato, uno fa quello che vuole. Per come la vedo io è rispetto degli altri, oltre che rispetto di quelle due o tre norme di buona educazione.
        Buona giornata 🙂
        Eletta

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  3. Io so, per saggezza popolare antica, che chi non sa emettere fuori qualcosa, allora quello che rimane dentro gli fa male. Quindi meglio eruttare, fare peti, o gridare, e fare mille altre cose negate dal galateo ufficiale piuttosto che farsi venire i malanni allo stomaco o al sedere o alla psiche 🙂

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    1. Ecco, detta così suona anche meglio. Hai presente, Amleta, il libro di Kundera? Quando tutto sembra ordinato arriva il gorgoglio dallo stomaco a ricordare che siamo anche altro. A me quell’altro piace, riconciliarsi con quella parte fa bene. Il problema è andare al di là di Platone e Agostino, le cose le portiamo dentro

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      1. Eppure c’è certa gente che non accetta nemmeno gli odori del corpo,gli umori, la presenza e le necessità del fisico, gente che crede che la ragione sia la cosa più importante, ma anche se una macchina ha un motore efficiente se poi non ha i sedili come ci stai dentro? Di Kundera quale libro di preciso, ne ha scritti parecchi, li ho letti quasi tutti,….

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