OSTE DELLA MALORA

Si sarà capito, con l’alcol ho un buon rapporto, fa male ma non gli porto rancore. Mi sono impegnato con Red a lasciare una testimonianza di un personaggio della sua saga Batmancito (se non l’avete letta la trovate nel blog, 21 episodi narrati con fantasia tolkieniana e rara eleganza; non sempre le saghe fanno male e la sua è  limpidamente epica) a lui (e a me per indecorosa epatoautobiografia) molto caro, l’Oste. Nell’ultimo episodio il Locandiere è oramai agonizzante, ma Red non si rassegna a lasciarlo andare. Ha chiesto quindi ai blogger che hanno seguito la vicenda un atto di umano raccoglimento (non fiori ma opere di bene), una memoria, qualcosa capace di tenerlo in vita oltre il racconto stesso. E’ il destino dei protagonisti delle narrazioni, se sono ben costruiti vivono di vita propria e non conoscono la parola fine. Personalmente è una parola che detesto; la fine è il punto, il limite, il baratro oltre il quale non c’è che il nulla. Solo un uomo sobrio può concepire che qualcosa finiscal’alcolista per indomita ostinazione manca di quella perversione. I racconti si fanno con le virgole, è la vita a mettere il punto.  Red mi ha aperto la sua web-bettola con il garbo di un signore d’altri tempi, con/versando tra un (neanche tanto immaginario) bicchiere di rosso e l’altro come si fa nelle osterie, mentre il Taverniere riempiva le brocche. L’Oste: bonario, coi mustache alla francese del film Irma la Douce, un po’ di pancia, la calvizie camuffata da un riporto imbarazzante e il grembiule sudicio; complice e mai giudice di un’umanità che versa nel bicchiere i singhiozzi della giornata. Potevo insomma rinunciare a celebrare colui che è amico e compagno nello sconforto, il consulente matrimoniale, psicologo e all’occorrenza avvocato; che trascurando le transaminasi si prende cura delle malinconie con saggezza, qualche volta con misericordia e sempre con il sorriso?

Questi aforismi etilici sono dedicati all’Oste, a Red e alle meravigliose storie che racconta e scrive sul suo blog.

 

oste

 

*L’uomo libero è scandaloso, spesso ubriaco, ha scarsa volontà ma anche tanta determinazione, è incerto e contraddittorio, pornografico a volte ma solo perché nulla ha da nascondere, osceno come quelli che indossano le stesse mutande per quattro giorni, sciatto, poco propenso al dialogo, di carattere e quando c’è è comunque un brutto carattere. Non conosce la vergogna e non ha pudore, sfrontato e genuino tradisce la debolezza solo davanti all’amore. E’ in cerca di purezza e la trova dove è di casa una passione.

*Un ricco e un povero sono seduti al tavolo e sopra ci sono dieci bicchieri di vino. Il ricco ne beve nove e dice al povero: guardati dal vicino che vuole rubarti il tuo.

*Il giudizio nasce dalla sobrietà, richiede una mente lucida e un cuore astemio. Chi giudica è freddo, indifferente, manca di una reale passione per la vita. E spesso è anche male informato.

*Il malinconico è angosciato dal bicchere vuoto, non lo tocca, osserva, non beve e lo lascia là. Manca dello spirito religioso che porta svuotarlo e della fede in qualcuno che comunque glielo riempia. L’empietà dell’astemio ha il tono dell’apostasia, ma anche della disperazione.

*Ci sono quelli che credono alla reincarnazione, alcuni alla trasformazione, altri ancora alla transustanziazione. Per quanto mi riguarda mi fermo alla fermentazione, a un Dio immanente ad alta gradazione. La mia metafisica è tutta qua e scorre nelle vie epatobiliari.

*E’ sufficiente un grado di moralità per mantenersi astemi, ma ci vuole una forte gradazione alcolica per sentirsi liberi.

*Quelli che hanno paura di ubriacarsi sono gli stessi che temono di innamorarsi, di difendere un’dea, di farsi carico di una passione. Sono quelli che dicono “solo un dito” quando qualcuno versa loro del vino. Misurano la vita con quel dito e giusto quello assaggiano.

*Appartengo a quelli che dicono “smetto quando voglio” e poi non vogliono. Ci dovrà pur essere un paradiso esclusivo per queste anime nobili che s’impegnano con una promessa e la mantengono.

*La normalità è un vino scialbo, a basso contenuto alcolico, adulterato e inconstitente al gusto; rimane sulla lingua e si sente nella testa più che altrove. Altra cosa è l’assoluto della follia, che passa dalla bocca e sconvolge il corpo senza alterarne l’equilibrio. Perché un buon vino transita per lo stomaco, ma arriva dolcemente al cuore.

*Mi piacciono le persone che nonostante tutto non finiscono mai di volersi bere.

*Le persone non sono indifferenti o prive di un carattere sociale. Spesso mancano di quella disposizione dello spirito che è il vino: più che aride sono a basso contenuto alcolico.

*Sono fiducioso, il bere trionfa sempre sul male.

*L’astemio è un ateo che ha paura di confrontarsi col silenzio del suo Dio.

*Il mio materialismo ha radici storiche ma non ideologiche, ha le sue ragioni nel vino. E’ un materialismo diabetico. La dialettica è cosa da uomini mansueti e con la glicemia in ordine, a me invece rode proprio il culo.

*La cirrosi non è una malattia, ma un traguardo (citaz.)

Pubblicità

Autore: Giancarlo Buonofiglio

Manipolo paradossi sito web http://giancarlobuonofiglio.weebly.com/

10 pensieri riguardo “OSTE DELLA MALORA”

  1. SantissimaVerginediPilar e MaronnaddoCarmine! Faccio ordine tra le dita che ognuna vuole pestare il tasto perché vuole essere la prima a esprimerti la gioia e se ti avessi qua di fronte correresti il rischio di un abbraccio (e basta).
    Chiaro che mi hai fatto raggiungere un insperato picco di auto-stima – per altri motivi ultimamente ai minimi storici, già bassi di suo congenitamente – come se la tifoseria del Gabon assistesse a un gol della propria nazionale nella porta del Brasile, fosse pure per un amichevole. L’entusiasmo è – per citare altri pazzi – in cerca di libertà è pari al fantozziano pugno nel vetro di una finestra chiedendo “Chi ha fatto palo?” durante una negata partita della nazionale.
    Magnifica l’idea degli aforismi etilici. Alcuni di questi – se l’Oste ritorna – li facciamo incorniciare e appendere alla parete della taverna che aspira a scalzare dal vecchio adagio del “peggiore locale”, i bar di Caracas che al confronto somiglieranno a un convento di Suore Carmelitane Scalze.
    Nel tuo descrivere la mia webbettola hai interpretato lo spirito nella sua essenza perché , sì va bene, io lo penso, vi aspiro, ma non lo so se vi riesco fino a che non me lo dimostrate sentendovi – giammai “ospiti” – ma parte di essa. Il “sacrificio” di biblico retaggio dell’Oste è proprio rivolto a farvi sentire parte della taverna, non spettatori, ma attori, insieme all’Oste.
    Sono fiducioso per la sorte dell’Oste, stanno arrivando delle testimonianze che mi riempiono di gioia.
    Non re-posto subito questa magnificenza OnGiancà perché è già in programma tra pochi minuti un altro contributo spettacolare. Ognuno sta mettendo del suo, della sua passione e questo è magnifico!
    Narciso scalpita per abbracciarti (o’piccirillo è azzeccoso, c’aggia fà) e ha scritto il tuo nome su un barilotto (che l’Oste pensava di tenere nascosto): pregiato nettare alcolico, di sicuro.

    Piace a 2 people

      1. L’Oste di suo è logorroico. Questo qui, se fosse stato muto, avrebbe comunicato lo stesso mulinando le braccia e le mani, tali che chiunque se ne allontanerebbe per: A) non beccarsi in faccia un manrovescio B) evitare di ammalarsi di polmonite con tutta quello spiffero di gestualità.
        Narciso ha in serbo comunque l'”Arma Definitiva” da scatenare contro l’Oste:
        “Oste, se tu non ritorni, ricordati che devi aspettare il Giudizio Universale prima di rifiatare…Ce la fai a stare sotto-terra, dint’o stritto d’o tavuto, senza luce né vino, ma sopratutto zitto per tutto quell’interminabile tempo?”

        Piace a 1 persona

      2. L’Oste per me è quello di Irma la dolce, faccio fatica a dargli un altro carattere. Sapiente e paziente, ironico ma con misura, psicologo senza laurea, un po’ mascalzone e come hai detto appunto chiaccherone. Se così non fosse sarebbe un normale venditore di vini, e quelli li schifo troppo assaje

        Piace a 1 persona

  2. Uno reale applauso ed uno pseudo haiku per l’Oste e per il generoso e quasi di-vino padrone di questo blog:
    Quale tremenda follia
    la follia nascosta
    di chi non conosce follia!
    da una pseudo astemia che ha una pseudo venerazione per il Barolo.

    Piace a 1 persona

I commenti sono chiusi.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: