La repubblica dei pazzi / 2

Non vero ma verosimile.

La credibilità richiede o la verità o la verosimiglianza. Qua siamo arrivati al parossismo: una cosa è credibile non solo non essendo vera ma neanche verosimile. Ogni riferimento ai fatti attuali è ovviamente non casuale. Tv, la stampa igienica e i socialmedia operano così, mistificando nel senso della mistica delle parole la realtà. Se una cosa non è vera e non verosimile non può neanche essere credibile. Eppure capita quando un popolo credulone è disposto a credere a tutto meno che alla verità

SORVEGLIARE E PULIRE: IL SESSO DEL REGIME

«Tu sei il tuo partner sessuale più sicuro. La masturbazione non diffonderà il virus, specialmente se lavi le mani (e ogni sex toy) con acqua e sapone per almeno 20 secondi prima e dopo il sesso».

Il quotidiano Il Mattino qualche mese fa così titolava (citando il sito della città di New York) invitando a masturbarsi. Non pensavo si potesse delirare più di quanto avessero fatto con le ordinanze sindaci e presidenti di regione psicopatici. Due considerazioni tecniche mi sono quindi venute spontanee.

1) “Tu sei il tuo partner sessuale più sicuro”, sentenzia l’articolo. Non è vero, non sempre, il più delle volte siamo promiscui anche con noi stessi. E poi per certe cose ci vuole del feeling, atmosfera, complicità. Non mi ci vedo a lume di candela mentre cerco di sedurre la parte di me meno romantica. Anche per le sveltine. Di non secondaria importanza è l’artitre, ed è un ostacolo non da poco, il rischio concreto è di trasformare la presa virile in una tagliola violenta. E io sono contro la violenza, figurarsi sulla mia carne.

2) “Specialmente se ti lavi le mani prima e dopo”. L’obiezione è scontata: mi hai preso per uno zozzone? Non ce n’è molti di feticisti del liquido seminale che si cospargono con i propri fluidi. Almeno credo. Sui 20 secondi per il lavaggio non so, dipende dalla consistenza del seme. Se è di bassa qualità forse bastano.

3) Sex toy. Ne ho viste di cose ai limiti dell’umano. O meglio quando studiavo psichiatria nella letteratura medica si raccontava di uomini che infilavano il membro nella bottiglia o che adoperavano l’ano per curiose e imbarazzanti sperimentazioni. Però porcamiseria devi essere malato per pensare che una congrua fetta della popolazione (maschile nel nostro caso) apra la dispensa in cerca di mestoli, frullatori o rotoli scottex con i quali esperire insolite eccitazioni. Il giornalista saprà come si fanno le seghe voglio sperare. Il ritaglio di giornale purtroppo non si ferma qua. «Tre (o più persone) sono assolutamente un assembramento». Io qualche porno l’ho visto, conosco il genere orge, gang bang, animal, meccanici contro infermiere al limite, ma l’assembramento mi mancava. Farò una ricerca approfondita.

E ancora: «I contatti stretti con più persone dovrebbero essere evitati. Limitare le dimensioni della vostra lista degli ospiti, frequentare un partner sessuale regolare e scegliere luoghi aperti e ventilati».

1) Mi sembra di capire che le ammucchiate siano sconsigliate. Ciò che mi lascia perplesso è il richiamo a “limitare le dimensioni della lista degli ospiti”. Ma seriamente, voi invitate amici e parenti a cena e poi mentre tagliate le lasagne vi sbottonate i pantaloni per assaltare gli sventurati seduti al tavolo? Ma che roba è.

2) “Scegliere luoghi aperti e ventilati”. Ma perché? Voi mentre fate l’amore puzzate come sterco di cammello avariato? Non mi pare. Non posso crederci. Mi fa male pensarlo.

In ultimo la regina delle raccomandazioni non poteva mancare: “fate sesso con la mascherina per evitare lo scambio di fluidi”. Eccerto non sia mai che un liquido passi da un corpo all’altro. Potremmo imbustarci, avvolgerci nel cellofan, oppure al momento dell’eiaculazione il partner dovrebbe essere in grado di fare un salto olimpionico all’indietro. Ma bisognerebbe fidanzarsi con Mutaz Essa Barshim. E mi sembra eccessivo.

Io non so chi abbia scritto l’articolo ma temo di sapere chi l’ha ispirato. E comunque un’ultima cosa voglio dirla all’improvvisato psicogiornalista: provaci tu a fare una fellatio con la mascherina e poi ne riparliamo. Non chiediamo ulteriori sacrifici, specie al povero sesso debole, che lo sa solo Dio la fatica che fa per godere di una diafana erezione

TEX PIRLER

Sono commoventi gli sceriffi dei centri commerciali che all’ingresso puntano la pistola giocattolo sulla fronte per prendere la temperatura. Forse si aspettano che qualcuno alzi le braccia dicendo: mi arrendo! Oppure che estragga l’arma dalla fondina per cimentarsi in un duello alla Clint Eastwood. Manca solo la musica di Morricone, spaghetti western all’italiana, mentre si battono con le manette al silicone e il revolver ad acqua. Sono simpatici. Deficienti ma simpatici. Al principio appena si avvicinavano con l’indice puntato e il pollice in alto facevo bang, sono pur sempre il fuorigregge più veloce del West. Poi ho imparato: mai confrontarsi con un uomo che ha la pistola ad acqua, gente. Ho sempre tifato per i siux e capisco il perché. La vita è troppo breve per discutere con un cowboy della Conad che si veste come Tex Pirler

L’ETEROGENESI DEI FINI

L’eterogenesi dei fini è un incidente all’interno di una serie ordinata di eventi. Ad esempio l’ape impollina il fiore, arriva una sferzata di vento e trascina via i gametofiti, oppure passa una mucca e ci lascia sopra le deiezioni. Quello che doveva essere il ciclo riproduttivo dell’angiosperma viene bruscamente interrotto da un fenomeno imprevisto e casuale.Un altro esempio è l’effetto farfalla: uno starnuto in Indonesia provoca la chiusura di un bar a Casalpusterlengo. Sembra strano ma accade. O ancora: mentre sbianchetti le pagine dei documenti secretati del comitato scientifico finisce l’inchiostro, o anche dimentichi di cancellare le informazioni criptate del file pdf che passi ai giornali. Puoi avere il controllo dei funzionari ma può sempre spuntare fuori un hacker o un giudice onesto (non in italia) che ti fa un culo così. La casualità predispone alla diversità ed è una caratterista inalienabile della vita biologica e culturale. Questo per dire che la vita fa sempre e comunque il suo corso. L’ape sa cosa deve fare e assolve ai suoi compiti ma non può controllare il clima o l’intestino del bovino.C’è una cosa che non capisce un dittatore improvvisato: non è un dio anche se pensa di esserlo. L’ordine che può dare a una società è fragile rispetto a quello naturale perché è artificioso. Deve rendere tutti uguali e vigilirare su ogni cosa per scongiurare l’imprevisto. Il potere è sempre paranoico e chi lo esercita anche. L’eterogenesi dei fini insegna che per quanto tu voglia mettere la museruola a una comunità di mosche per renderle identiche come in un solo corpo, ci sarà sempre quella bianca che non riuscirai a dominare. La metafora ci sta tutta. È vero che le mosche mangiano la merda e si adattano agli ambienti ostili, però sono tra gli insetti che più rompono i coglioni.Ecco e per l’appunto la rottura di coglioni fa parte dell’eterogenesi dei fini.Devi metterla in conto. Anzi in Conte, che è pure meglio

Nun ve reggae più

Fontana Gallera

Boldrini che sclera

Conte Giggino

E Casalino

Grillo e Di Maio

Renzi che guaio

Il colpo di stato

Taverna Rosato

Salvini il vaccino

Speranza Caino

Lopalco Burioni

Berlusca Meloni

Il papa affiliato

L’illuminato

Giornali schierati

Son tutti pagati

Boccia il Pd

E DiMartedì

De Luca in Campania

Nello a Catania

Sergio l’assente

La piazza la gente

La Capua e Colao

Il focolaio

La scuola che fa?

Ci imbavaglierà

L’amico il congiunto

L’infetto defunto

Nonviconsento

L’assembramento

La Clorochina

La mascherina

Distanze a gogò

Arriva il kapò

Il Pil la censura

La dittatura

E poi c’è il tampone

Governo massone

La nuova realtà

Eccola qua.

Sono noiose

Le vostre nevrosi:

Lo dico adirato

Ci avete cacato

Intendo il palazzo

E parlo del cazzo

Una dolce morte che traccia ridendo qualcosa di infinito

Gli innamorati si avvicinano con la parola e il discorso d’amore è concreto in quanto nella parola scorre il desiderio; c’è però un altro fenomeno sempre presente nella scena amorosa, la risata. Lacan ha affrontato marginalmente la questione (rileggendo Marx in relazione all’umorismo del capitalista, collocava il riso tra plusvalore e plusgodere, definendolo con il neologismo Marxlust. La risata come maschera o distrazione rimanda al significato del potere attraverso il meccanismo che preserva la vita privata a detrimento di quella pubblica; provoca un cortocircuito nel senso, un’assenza di significato inteso come rimando al reale) perché le sue intenzioni primarie sono dirette ad ordinare uno scenario che confermi la presenza come fondo sostanziale. Il riso non è il motto di spirito di Freud e non serve solo per una scarica pulsionale; nasce e si risolve piuttosto nella manque-à-être, rimane nelle fenditure del significato dando accesso non tanto all’Altro grande, ma risolvendo l’ordine nella mancanza. Che questa assenza nel discorso sia significativa si vede dal piacere che fluisce a soddisfare un bisogno primario. Il riso porta oltre il campo della relazione in quanto trabocca dal discorso e richiama all’assenza di un fondamento nella parola. Come una traccia che segna in profondità il linguaggio. Bataille ha inquadrato il problema sul piano antropologico.

Descrive la risata come una forma embrionale di sacrificio, qualcosa di sacro in cui le forze distruttrici della dépense sono in azione. Ridendo di qualcuno lo dissacriamo, lo strappiamo all’ordine abituale, lo svuotiamo di senso per consegnarlo al nulla. Lo prendiamo in giro, girandogli appunto intorno senza centrare la verità. La relazione amorosa non è un luogo nel quale trovare la verità, non si tratta di ordinare i termini nella presenza (o nell’identità), pur spostata nel simbolico o nell’immaginario ma nel vuoto dell’essere e nella privazione di un’identità. L’amore disturba, disorganizza, scioglie e non lega l’Io e l’altro col linguaggio dell’Altro, si presenta piuttosto nel sopraggiungere di un elemento perturbante e disorientante. La risata sacrifica l’altro, non lo conferma: “Il riso comune… è indubbiamente la forma insolente di un simile imbroglio; non è chi ride a essere colpito dal riso, ma uno dei suoi simili quantunque senza eccesso di crudeltà. Le forze che lavorano alla nostra distruzione trovano in noi complicità così felici – e talvolta così violente – che non ci è possibile allontanarci da esse semplicemente perché lì ci porta l’interesse… certamente questa parola, sacrificio, significa che alcuni uomini, per loro volontà, fanno entrare alcuni beni in una regione pericolosa, in cui infieriscono forze distruttrici. Così sacrifichiamo colui di cui ridiamo, abbandonandolo senz’angoscia alcuna a una decadenza che ci sembra lieve” (Bataille). Non sempre “dove si parla si gode” (Lacan, Sem..XX). Il piacere amplia e dilata la scena amorosa, la prolunga per conservarla nel tempo. Per Lacan il campo della parola è il campo possibile di ogni relazione, del simbolico, e dipende da ciò che accade nel linguaggio. Il campo del godimento è quello della pulsione, oltresimbolico, eterogeneo a quello della parola. La materia della pulsione non è quella della parola; è fatta di un composto simbolico, mentre la pulsione ha una natura erogena. Il problema della psicoanalisi consiste nel verificare in che modo la funzione simbolica della parola possa modificare l’economia della pulsione. Con una certa autocritica Lacan dice che là dove prima pensava si comunicasse e si muovesse il senso, in realtà si trova il godimento. Il rapporto con il linguaggio è invaso dal godimento: “quando si parla qualcosa gode”. Lacan imbastardisce il rapporto tra la parola e la pulsione come se la pulsione interferisse con la funzione della parola. Non solo si parla per essere ascoltati; la parola necessita di essere riconosciuta e a un tempo fa anche da veicolo per quello strano godimento che è il godimento della parola stessa, il piacere del parlare. E tuttavia la lingua langue, mentre costruisce un flusso di fonemi rimanda a un venir meno, si indebolisce nell’incedere delle parole; non è solo un pieno di voce ma è composta anche da silenzi, pause, modulazioni, assenze. Quando langue non si verifica una stasi nel desiderio che continua comunque a defluire. Tra gli innamorati in particolare, prima si distorce, poi si caratterizza di nonsense, i neologismi si contraggono in monosillabi incomprensibili, infine interviene la risata e in essa il sacrificio di un ordine nella lingua. Non è un fenomeno marginale, il riso che subentra alla lingua serve a riempire connotandolo di un senso il vuoto delle parole. E così quella che era la dépense, ciò che non serve a nulla si presenta come la “parte maledetta per eccellenza” (potlach), qualcosa di sostanziale che serve a dare continuità al discorso. Per quanto l’uomo neghi la natura, essa ricompare comunque in un gesto che non è solo negazione dialettica, perché nella risata i termini non sono superati come nell’Aufhebung hegeliana. Non si tratta di un superamento, ma di una trasformazione. La “parte maledetta” consegna l’altro ad una natura sconosciuta all’indagine concettuale, il piacere è subordinato e consegue. Il riso, se è di difficile integrazione nella teoria psicoanalitica (se non come motto di spirito), lo è ancora di più nell’indagine filosofica. Pone di fronte all’estrema corruzione del linguaggio e del pensiero, va al di là dell’inconscio, trascina nel luogo in cui si apre una ferita che non può rimarginarsi. Apre uno spazio sconosciuto in cui si respira qualcosa di nuovo, il desiderio non dell’Altro, ma di un oltre. La risata è il momento in cui la conoscenza si arresta di fronte all’esperienza di ciò che è essenziale e che Nietzsche ha raccontato come il grido angosciato di una soggettività felice. Bataille ha maturato la consapevolezza di un’incapacità nel dire l’impossibile, l’estremo, connotando positivamente lo svuotamento dell’Io. La “parte maledetta” rivela che nella natura c’è un eccesso di energia non canalizzabile. Sempre secondo Bataille l’uomo è dotato di un’energia eccedente; questa “parte maledetta” deve defluire attraverso la nutrizione, la riproduzione, la morte. La risata consente un primo e attuale sacrificio dell’eccedenza, non come appagamento della libido ma in quanto usura e estraneamento dall’Io, che è una radicale inesorabile erosione della vita. A un tempo si rivela però anche come una specie di riassorbimento, qualcosa che nasce da quanto c’è di indigesto nel linguaggio, rendendolo assimilabile. È una voce che parla dall’infinito prima che dall’inconscio. Più che Freud o Lacan è stato Nietzsche a dare una disincantata spiegazione della risata, in quanto terapia contro la veste restrittiva della moralità logica; una retrocessione innocua dalla ragione così come scorre nel discorso. L’amore – ed è questo il punto – irrompe come una dolce morte che traccia ridendo qualcosa di infinito.

Da Frammenti di un monologo amoroso. G. B.

“ASSEMBRAMENTO”

Un’altra parola è stata sdoganata: ASSEMBRAMENTO. Non si sentiva dall’epoca del Ventennio e ha sostituito termini come relazioni, affetti, famiglia (il blasonato al governo l’ha sovrapposta anche agli ambienti intimi e domestici). Con una connotazione assolutamente negativa rispetto alla socialità promossa e tutelata dalla Costituzione. Assembramenti sono anche le associazioni, le organizzazioni politiche e le libere espressioni di protesta, anch’esse censurate con l’alibi neanche troppo originale di un virus influenzale.

La stampa igienica e la Tv spazzatura la usano con metodo e anche voi con troppa disinvoltura. Attraverso le parole manipolano il vostro pensare, vi fanno assorbire contenuti che non hanno, veicolando una forma di società autoritaria e priva dei caratteri della solidarietà.

Non sottovalutate il lato semantico. Due o più persone non sono un assembramento, mi sembra una sintesi impropria e riduttiva di una realtà più articolata. L’amicizia, il dialogo, la socialità sono un fatto affettivo. Le aggregazioni politiche il bisogno a riunirsi per dare luogo a un corpo sociale. Le orge, pure loro, non le puoi chiamare assembramenti. Hanno qualcosa di poetico, dipende ovviamente da chi hai dietro. La messa e la scuola anche. Non ho mai sentito dire a nessuno: questa sera vieni a casa mia, facciamo un assembramento. La gente normale cena, si incontra, parla. Ci vuole una mente malata per concepire un gruppo di persone come un assembramento.

Fa tanto mandria o gregge, corpo nelle sole funzioni biologiche. Neanche Marx era arrivato a tanto, da quel che so non ha scritto: proletari di tutto il mondo assembratevi. Eppure questa è la neolingua di un dittatoruncolo spuntato chissà come dall’Istituto Luce. Con mille difetti e un solo pregio, quello di non averne nessuno.

Un giorno si dirà del blasonato: quando c’era lui gli assembramenti arrivavano in orario. Anzi no, credere obbedire distanziare. O meglio: È l’aratro che traccia il solco ma è Casalino che lo difende. Ma forse sui libri di storia verrà ricordato con una sola frase lapidaria: visse un giorno da leone e cento li passò a pecora. Perché può anche capitare che quando vai per fottere vieni fottuto

IMPACCHETTAMENTO DEL CORPO DI CRISTO

Gli scienziati hanno risolto il problema dell’eucaristia. L’impacchettamento del corpo di Cristo. “Per consentire ai cattolici italiani di tornare a farla, ma evitando contaminazioni, si sta pensando a una comunione fai da te con ostie take away precedentemente consacrate dal sacerdote, che verrebbero chiuse singolarmente in sacchetti di plastica poggiati in chiesa su dei ripiani”.

E no, non è una bufala. Burioni qualche tempo fa ha bacchettato il Papa: “Dio vuole che si preghi a casa”. E così ha risolto l’antinomia tra scienza e fede. Il laureato in biologia presto potrà dire messa.
La messa è comunione, unione, vita spirituale. Ed è questo che i tecnocrati in delirio divino non possono accettare, perché nel nuovo ordine c’è posto solo per il corpo biologico, asettico, nelle funzioni vitali da purificare con un farmaco. Di un materialismo etico che uniforma i cittadini e li priva dei beni superflui eppure necessari. Dio compreso, sostituito dal verbo della scienza. Anche il parlamento e la democrazia sono un bene superfluo. E infatti li stanno sostituendo con un comitato tecnico-scientifico permanente. Ad ogni forma spirituale, culturale, politica deve essere sovrapposta la mistica dei nuovi sacerdoti in camice bianco.

Josef Mengele, il medico criminale nazista, aveva un progetto simile. Igienizzare il mondo.

Messa, sindacati, organizzazioni politiche o ludiche, familiari o affettive sono unione, solidarietà, corpo sociale, amore per l’altro. L’hanno detto più volte: dobbiamo abituarci a una nuova normalità. Ossia a una norma, che vuol dire regola o legge. Le sacre tavole scritte ascoltando la Parola sul monte Huangshan (黄山)

Ho contato il numero delle volte che nel nuovo (nell’articolo maggio 2020) documento si parla di distanziamento sociale, decine in poche pagine. Perché?
Distanza e distanziamento sociale, parole come assembramento, il divieto alla socialità e di ogni relazione rimandano non a un film di fantascienza, ma all‘economia digitale su scala globale, che è la sola a guadagnare dal fallimento delle nazioni, dalla chiusura delle imprese, dalla povertà, dalla frantumazione della società. Imponendo un nuovo umanesimo (parole del luminosissimo) fatto di vite biologiche prive di spirito e cultura, di corpi isolati senza connessioni affettive ma in costante smart working e telescuola. Un rinnovato materialismo tecnocratico, senza Dio, tracciante e autoritario, privo di diritti e libertà, di privacy e di cristiana solidarietà, con una mistica della salute che ricorda più che le fantasie orwelliane, il progetto allora acerbo di Josef Mengele.

Ricordate cosa diceva Falcone? Follow the money. Fatevela la domanda: stanno crollando le economie che si fondano sul lavoro, chi guadagna dalla digitalizzazione della società?

CACCIA ALL’UOMO

Con il tracciamento del malato avete aperto una strada pericolosissima. Il concetto di salute è uno dei più ambigui in medicina. Viene identificato per approssimazione come uno stato di benessere psico-fisico o per negazione come assenza di sintomo. La malattia ha invece una connotazione chiara e clinicamente delineata. Il soggetto sano è un’astrazione culturale, un modello clinico e biologico che non esiste in natura. Il corpo ha variabili che sfuggono alla nosografia, è esposto ai virus e batteri, ne contiene milioni, la pretesa di un corpo asettico è più vicina alla mistica che all’episteme, un’aberrazione innaturale, ideologica di una scienza che sconfina nell’etica e nella politica. Non devo spiegarvi quanto questa idea igienista della società fosse presente nell’idea di stato che avevano i nazisti. Tutti siamo portatori di malattie. Se diamo a un governo la possibilità di discriminare i cittadini su una base esclusivamente sanitaria facendo prevalere un astratto principio che vuole normare, non solo facciamo un’operazione innaturale ma politicamente dannosa, mettendo in pericolo i fondamenti stessi della democrazia e della civiltà. La persona (come soggetto giuridico tutelato nella complessità: corpo, spirito, mente, idee, cultura, parola) così come l’intero apparato sociale, non può essere trattata come un corpo clinico in virtù di un generico principio di salute, perché è inserita in un contesto ampio, politico, economico, affettivo, culturale. Se la regola è quella di un corpo sterilizzato e se la politica non mitiga con buon senso i deliri della scienza, allora i vari comitati di tecnocrati possono produrre delle campane di vetro nelle quali mettere sotto spirito ogni singolo individuo. Più realisticamente il rischio concreto è la segregazione degli infetti in moderni campi di concentramento, ghetti o sanatori nei quali, come all’epoca del Reich, segregare i dissidenti politici, le razze, le idee, le sessualità alternative. Questo modello di società che vuole igienizzare il mondo lo abbiamo già vissuto e si chiamava Nazionalsocialismo. E com’è andata a finire lo sapete.

IPOCONDRIACI DI TUTTO IL MONDO: UNITEVI!

Età media dell’ipocondriaco che viaggia in macchina da solo con guanti e mascherina: 25 anni. A quell’età i bisnonni erano sul Piave e combattevano a mani nude per la libertà. Ma vabbè. Ti saluta con un lieve cenno della testa e salta di tremilamila metri all’indietro se c’è una persona nell’altro marciapiede. Attivo e scattante al volante, energico, all’apparenza affatto impaurito. La mascherina gli conferisce un aspetto distonico, lievemente bipolare.

Età media dell’ipocondriaco che gira a piedi con guanti in stoffa invernali e mascherina cucita dalla moglie con le mutande a costine con le quali spolvera la credenza: 60 anni, portati alla grande però. Lo sguardo è per lo più triste e la camminata stanca. A differenza del giovane che guarda solo la Tv, si fa appanicare anche dai giornali. Che difatti ogni mattina esce a comprare. Alle 5, con guanti in stoffa e bandana messa sulla bocca.

Le donne, dal mio osservatorio privato dimostrano se non proprio temerarietà, una maggiore disinvoltura. Sarà perché moriamo praticamente solo noi, ma questo è un altro discorso. In ordine di età le differenze che ho riscontrato sono queste:

A 25 anni si scorticano le mani con l’Amuchina ma a litri. Ora, considerando che l'”emergenza” (chiamiamola così) va avanti da quasi un anno, posso supporre che abbiano comprato centinaia di flaconcini. La prudenza una volta apparteneva alle mamme, le figlie nel dubbio si comprano tutto il reparto farmaceutico. Per il resto conducono una giornata normale, i sorrisi non mancano e sono sereni.

Donna, 60 anni, sposata con marito e nipoti. Non esce neanche per la spesa, manda il consorte a sbrigare le faccende fuori di casa, nonostante sappia che è il soggetto più fragile. O forse proprio per quello. Si premura di cucirgli le mascherine in tinta e gliele stira pure. Non sia mai si dica che non lo tiene in ordine. Esce a viso scoperto, sfrontata con la sapienza di una che la vita l’ha sempre tenuta per le palle.

Gli ottuagenari mi sembrano disincantati, come i bambini. Non prendono quasi mai nessuna precauzione. Sarà perché i vecchi ne hanno viste tante e i bambini ancora nessuna, o forse perché il panico non appartiene a quella fascia d’età.

I bambini sono quelli più disinvolti. Sorridenti, saltano e si divertono senza paranoie. Tanto lo sanno che al limite ereditano la playstation di papà o la macchina del nonno. Non è difficile immaginare che quando vedono gli adulti vestiti come Zorro, pensino che in fondo sia tutto un gioco.

E chest’è

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