RICETTARIO FILOSOFICO

In matematica si dice che due punti si uniscono in una linea retta, tre costituiscono un campo piano, a due dimensioni, ma serve un quarto punto per dare luogo a uno spazio tridimensionale, Questo quarto punto deve essere collocato fuori dal perimetro ordinario. Non è una questione banalmente geometrica, si tratta di un profondo ordine generale. Disponiamo il nostro vivere su un foglio privo di spessore mentre quello che dà un senso è un fuori luogo, qualcosa che sta altrove. La presenza di questa assenza è una costante; assume diversi nomi e si pone come la causa ultima delle cose. Ricercare le cause e i principi primi vuol dire focalizzare quel punto esterno come istitutivo e fondante. E’ una funzione non solo degli individui, ma delle comunità; dalle più piccole a quei mostri della civiltà che chiamiamo stati. Ogni comunità si organizza sulla base di un finalismo telelogico. Kant aveva compreso la centralità di quella coordinata esterna alle cose e pur non conoscendola doveva supporla per dare un senso a quel che vedeva. Ma era cauto e sapeva che si trattava di qualcosa di affine alla logica, ma non di logica e meno che mai di conoscenza. Il problema nasce col passaggio dalla logica all’ontologia; al quarto punto viene dato un corpo fisico attraverso un cortocircuito del pensiero. La metafisica, che nulla dice del vivere e non estende il sapere, ma dispone l’assetto delle cose fornendo loro una solidità giuridica; stravolge il campo rendendolo tridimensionale. Non troppo lontano è andato Lacan; non tollerando l’assenza e il vuoto, riempiva lo spazio con qualcosa, e questo qualcosa proprio in quanto cosa doveva anche essere presente o reale. Ed è questo il problema: a quella costante che è assenza e mancanza diamo il nome e il corpo della presenza; il vuoto assume una corposità esasperata, gli stati e i loro ordinamenti adeguano le leggi su qualcosa che non c’è. E nel particolare anche la vita dei singoli individui è abusata da questo al di là della coscienza. Il quarto punto continua ad essere collocato altrove determinando da un non luogo tutte quante le articolazioni dell’esistenza. La filosofia è una critica a quel punto esterno e ha il compito di svelarne le mistificazioni, perché le idee sono idee e il problema nasce quando si dà ad esse una consistenza che non hanno trasformandosi in simulacri della verità.

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Questo ricettario è una raccolta di articoli già presenti altrove; in questo contesto assumono però il gourmet di un menu ordinato e squisitamente filosofico, come una cena gustosa che per essere tale deve però amalgamare i sapori nel palato e qualche volta disturbare la digestione. Perché un cibo saporito si mangia sempre e comunque lasciando inalterato l’appetito; il gusto è come il gioco del bimbo, pervicace, sordo ai richiami della madre e ai bruciori di stomaco: se piace non basta mai. Il libro è diviso in paragrafi (Lasagne alla Aristotele, Lingua alla vaccinara, Amore allo zafferano, Riso in bianco, Morale alla strozzapreti, Politica all’amatriciana, Frittura mista di psicologia). 

Da domani nelle librerie

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