Con il tracciamento del malato avete aperto una strada pericolosissima. Il concetto di salute è uno dei più ambigui in medicina. Viene identificato per approssimazione come uno stato di benessere psico-fisico o per negazione come assenza di sintomo. La malattia ha invece una connotazione chiara e clinicamente delineata. Il soggetto sano è un’astrazione culturale, un modello clinico e biologico che non esiste in natura. Il corpo ha variabili che sfuggono alla nosografia, è esposto ai virus e batteri, ne contiene milioni, la pretesa di un corpo asettico è più vicina alla mistica che all’episteme, un’aberrazione innaturale, ideologica di una scienza che sconfina nell’etica e nella politica. Non devo spiegarvi quanto questa idea igienista della società fosse presente nell’idea di stato che avevano i nazisti. Tutti siamo portatori di malattie. Se diamo a un governo la possibilità di discriminare i cittadini su una base esclusivamente sanitaria facendo prevalere un astratto principio che vuole normare, non solo facciamo un’operazione innaturale ma politicamente dannosa, mettendo in pericolo i fondamenti stessi della democrazia e della civiltà. La persona (come soggetto giuridico tutelato nella complessità: corpo, spirito, mente, idee, cultura, parola) così come l’intero apparato sociale, non può essere trattata come un corpo clinico in virtù di un generico principio di salute, perché è inserita in un contesto ampio, politico, economico, affettivo, culturale. Se la regola è quella di un corpo sterilizzato e se la politica non mitiga con buon senso i deliri della scienza, allora i vari comitati di tecnocrati possono produrre delle campane di vetro nelle quali mettere sotto spirito ogni singolo individuo. Più realisticamente il rischio concreto è la segregazione degli infetti in moderni campi di concentramento, ghetti o sanatori nei quali, come all’epoca del Reich, segregare i dissidenti politici, le razze, le idee, le sessualità alternative. Questo modello di società che vuole igienizzare il mondo lo abbiamo già vissuto e si chiamava Nazionalsocialismo. E com’è andata a finire lo sapete.
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FILOSOFIA SOCIALE
Ho seguito quel che è accaduto sulla bacheca della donna di Settimo Torinese; non ho l’indole del guardone, i fatti sono quelli (una madre uccide il figlio) e non li giudico. Giudicare è un mestiere da logico e la logica istituisce relazioni. Ho l’idiosincrasia per le relazioni, ci vuole uno spirito sociale e il carattere da voyeur che non ho. I social seguono una logica matrimoniale e proprio come in certi matrimoni creano sodalizi inossidabili su un’idea piuttosto che nelle cose; le cose o i fatti sono assolutamente marginali, ciò che conta è la comune visione. A sua volta la visione comune necessita di luoghi abituali (appunto comuni) del ragionamento e della parola. In sostanza vuol dire: stesso dizionario, non troppo articolato e identità di pensiero. Ed è logico: se pensiamo diversamente dobbiamo anche essere diversi per antropologia (tertium non datur) e dunque il matrimonio non funziona. Di norma il soggetto asociale viene bannato e bannare significa divorziare, il luogo non è più in comune, la casa è mia e tu vai a rompere i coglioni da un’altra parte. L’identità prevale sulla diversità, funziona così nei social come nella vita e i parenti si mettono davanti alla porta di casa impedendo l’accesso all’escluso. Il terzo escluso appunto, l’incomodo che cerca la relazione con i fatti prima ancora che tra le idee.
Più o meno consapevolmente i membri dei gruppi sociali parlano di filosofia, o meglio sono portatori sani di un pensiero filosofico. Proprio dalla pagina della madre scellerata di Settimo ho estratto un ordine di ragionamento inappuntabile, come ogni pensiero strutturato attorno alla medesima idea: sei una zoccola e devi morire. Difficile confutare. Mi limito a riportare le massime e sentenze più significative, alcune davvero sottili e raffinate; quelle di tale Antonio S. Il mio filosofo preferito dopo Aristotele.
SULLA DEPRESSIONE
Antonio S.: Ho sentito parlare di depressione, ma è assolutamente non credibile. Una persona depressa non fa sesso, e soprattutto nessuna malattia può giustificare. Io stesso ho sofferto tanto nella vita, e non ho mai fatto male ad una mosca.
– Risposta:
Carlo Z.: La depressione non esiste è una cazzata inventata dalle case farmaceutiche per vendere i farmaci.
– Risposta:
Antonio S. (notate la competenza logico-matematica): No, uno se conosce i propri limiti non si supera.
Io ad esempio ho le idee chiarissime sul fatto che non farò mai figli.
Conosco il preservativo e lo uso, semmai dovessi fare sesso, ma anche quello mi interessa poco.
– (In sostanza: Antonio S. è uno stoico e non scopa; ora dormiamo tranquilli.)
LA TESI
Dario R: Facebook rovina le donne che, anziché prendersi cura dei figli, cazzeggiano su Facebook!
Dario R.: REAL TIME HA FOTTUTO IL CERVELLO A TROPPE GIOVANI.
Federica A. F.: Zozza…quando hai preso il cazzo ti è piaciuto? Grande troia,devi morire…puttana!!!
– (In questo passaggio i filosofi sentenziano che alla madre di Settimo piaccia il sesso e che i social rovinino il cervello)
Maurice M.: DEVI MORIRE MA NON IN CARCERE ..NON PER MANO DI DIO …MA TI AUGURO UNA MALATTIA ..UNA MORTE LENTA E DOLOROSA ….TROIAAAAAAAAA
Francesca V. (introduce un argomento concreto nella discussione) Per mano nostra, datela a noi
Antonio S. interviene dopo lunga assenza: Eccomi (se ne sentiva la mancanza infatti e riporta un canto del poeta Francesco Renga)
Bicchiere tra le dita / E gente sconosciuta intorno a noi… (segue testo completo)
L’ANTITESI
Tale Simone G. irrompe a controbilanciare con buon senso: Che bello che è il nostro paese, il nostro popolo: combattenti dei poveri, delle cause già perse in partenza, quelli che ci mettono un sencondo a lasciare commenti senza cognizione di causa ma che allo stesso tempo subiscono leggi insensate che realmen… Altro…
– Ma il nostro filosofo non demorde:
Antonio S.: per cosa dovremmo combattere, genio?
Simone G.: Antonio S. Hai mai sentito Parlare della Legge fornero? hai mai sentito parlare di intere famiglie che perdono la casa e vengono sfrattate perchè non sono piu’ in grado di pagare l’affitto o alle quali per debiti di poche migliaia di euro con il fisco gli viene pignorato l’immobile anche se prima casa? Hai mai sentito parlare di reddito di inclusione? vivi nel tuo mondo genio e continua a divertirti a leggere o a fare commenti idioti su una tragedia familiare, non sociale.
Antonio S.: Nella mia famiglia queste cose non sono mai esistite e mai esisteranno. Fiero di essere cresciuto in una vera famiglia, nonostante lo schifo di città in cui vivo.
– Nel simposio giunge Luca F., l’antitesi appunto
Luca F: Quali sarebbero le differenze tra voi e i gli islamisti? Nessuna
– Il filosofo ha pronta la risposta:
Antonio S.: Gli islamisti fanno bene ad avere la pena di morte per chi uccide.
Luca F.: Sono estremisti come esattamente tutti voi, a Salem bruciavano le streghe, siamo tornati a quei tempi
Antonio S.: Mi sembra giusto.
Antonio S. Io sono un “estremista della vita”, per me la vita è quanto di più sacro ci possa essere (e infatti la vuole togliere alla madre scellerata, la logica ancora una volta ricompare)
Luca F.: Bene, anche per me, ma essendo una persona COERENTE come potrei augurare la morte di questa donna?
Antonio S.: Io sono talmente coerente che la morte la auguro a tutti quelli che non si meritano un dono così sacro come la Vita.
LA SINTESI
Luca F.: Vabbè, non sono abituato a disquisire con persone simili. Ti lascio coi trogloditi, vi trovate meglio.
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Il gruppo a quel punto si ricompone sull’idea comune, e la logica e la filosofia sociale trionfano con gli anapodittici: zoccola, troia, devi morire.
. Gli ossimori di Salvini
«Donazione di sangue obbligatoria a scuola»
Adoro quest’uomo, come tutti quelli che si trovano nel posto giusto a dire la cosa sbagliata. Mi piace il suo qualunquismo, la demagogia, persino la sua inconsapevolezza ha qualcosa di poetico. Tre idee in testa, sgrammaticate, sostenute però con la caparbietà di chi non padroneggia i contenuti del pensiero e della lingua. Con la pertinacia di difendere l’indifendibile e tuttavia col candore di chi davvero non capisce. Sguardo spento, non tradisce alcuna articolazione, come coloro che si portano dentro un dolore profondo e non traspare che quello. Un’idea fissa, la rigidità di un pensiero che latita; è come prigioniero della propria identità. Vorrei dire della sua storia, ne avrà pure una al di là quella passata nei palazzi del potere. Limitato il tanto che basta per far carriera, riluttante, violento nel modo corretto per fomentare il rancore nel suo elettorato. Razzista, ma pare essere una virtù. Mi piace perché ha la faccia tosta di presentarsi come il nuovo; mi piace quel continuo monito alla legalità urlato dai banchi di un partito che qualche problema con la giustizia pure l’ha avuto. Mi piace per il tono aggressivo che hanno quelli del popolo e mi piace quella rabbia mai sommersa in un uomo che vive delle istituzioni, con quel che ne consegue sul piano dei privilegi. C’è una strana incoerenza in quest’uomo e mi piace. Mi piace il suo linguaggio elementare, minimo, disartrico per inadeguatezza a una lingua più complessa; quello delle case popolari, della provincia, delle borgate. E dei manicomi.
LO STATO DI PULIZIA
La mania dell’ordine ricorda la follia domestica delle nostre mamme; si tratta di qualcosa che va al di là dell’ideologia o del fascismo, è la tendenza a mantenere le cose come ci hanno insegnato. Ognuna al proprio posto, secondo un’estetica della credenza che considera intruso l’oggetto fuori dai luoghi ordinari. Il tessuto ricamato a centrotavola e il resto deve girargli attorno. In Italia (in particolare) non c’è posto per il marasma copernicano. Le calze appaiate, le camicie appese, le donne gradite in cucina, il lavoro negli orari canonici e l’uomo nero fuori dalla porta; gli unici legittimati a importunare rimangono i Testimoni di Geova. I funzionari deputati a mantenere pulito sono le forze dell’ordine e gli italiani le considerano come spazzini. Desiderano lo stato di pulizia, non di diritto. Le mamme accettano le libertà della prole, che finisce però dove inizia la loro; dilatandola all’inverosimile nella casa e nel mondo, perché con la scopa ontologica potrebbero mettere ordine pure in quello. Non stupisce che i politici che riscuotono maggior consenso siano quelli che promettono la pulizia (etnica, morale, politica) e la pulizia coincide con la tradizione. Con la parola tradizione intendiamo il buffet di nonna, con le statuette intoccabili e impolverate che non si devono spostare; come un quadro di Seurat, nel quale è tutto bello ma immobile, non c’è vita. E infatti la natura si rivolta e lo fa come può; si chiama eterogenesi dei fini: il calzino scompare (inspiegabile ma è esperienza comune), gli acari invadono i tessuti, il marito è messo in mobilità e a disturbare la quiete non sempre è il religioso che al citofono prospetta il giorno del giudizio, ma Equitalia che viene a riscuotere il pizzo come un meschino delinquente di borgata. L’ordine fa riposare la mente, abitua alla consuetudine, dà le regole e la regola impone di non uscire con la camicia stropicciata. Abominio per l’occhio materno, sentenzia infatti che abbiamo preso una brutta piega. Ricordo mamma, non era particolarmente ossessionata, ma la pulsione c’era e si faceva sentire. Subivo l’ordine come un’imposizione, proprio come i bambini che rispondono con orgoglio ‘no’ quando sentono odore di comando. Non ero anarchico, ma piuttosto vivo nella mia confusione e ne andavo fiero. L’ostacolo rimaneva il battipanni, che quella cara donna somministrava come un farmaco nelle giuste dosi per ristabilire i ruoli. Aveva comunque una pessima mira e la mano stranamente leggera. L’alternativa era l’olio di ricino, ma era pur sempre una femmina democratica. Proprio come certa politica, che da sempre si serve del bastone e della carota. Strumenti che per morfologia si prestano a un uso incongruo per uno stato moderno, non solo demagogico. Quello a cui state pensando.
SOCIAL-ISMI
Non ho mai capito il criterio col quale i social censurino le immagini. L’esposizione della carne non manca, pur ritagliata in alcune parti. Il seno è accettato, il capezzolo no. Il fondoschiena si può esporre; a quanto pare non ha una definizione oscena e non disturba il comune sentire. E’ interessante questa attenzione al ritaglio da macelleria; per metonimia la parte prende a significare il tutto e il corpo sezionato semanticamente si presenta come il simulacro di significati che vanno al di là. A vederla così sembra che l’interesse pornografico vesta il corpo piuttosto che spogliarlo con un abito di contenuti che nella realtà non ha.
Da Gli italiani il sesso (la rivoluzione) lo fanno poco e male
BILLIONARI ITALIANI
Il ritratto che Briatore fa dei “ricchi” è più o meno questo: non vogliono pensieri, non amano la cultura se non incorniciata in una bella kermesse, non fanno turismo da musei, sono avulsi da conferenze, libri e altri ripieghi da sfigati. Quella è roba da sventurati che non hanno quattrini da spendere in attività più edificanti. Non offrite loro alberghetti seppure con una decorosa storia enogastronomica, percorsi naturalistici e passeggiate, pietanze locali o vini dozzinali. Per Briatore al turismo di lusso bisogna proporre alberghi sontuosi in cui possano incontrarsi e discutere di affari, grandi marchi e non la pensione Mariuccia (parole sue); le amministrazioni locali devono attrezzarsi per accogliere gli yacht, perché quel turismo porta ricchezza: “Una barca da 70 metri può spendere fino a 25mila euro al giorno”, afferma il mentore. Niente di nuovo, Briatore conferma quanto sapevamo; i ricchi (quelli di cui parla) sono deficienti, non vogliono rotture di coglioni, cultura compresa, mangiano e vivono secondo un’idea del capitale e della proprietà, divorano denaro e non conoscono il gusto. Per essere chiari: cazzo fai gli proponi Margherita Hack? La figa gli devi dare. Niente di nuovo tra i cliché: vogliono belle ragazze, bottiglie da diecimila euro, desiderano camminare tra le vetrine di via Montenapoleone con le tasche gonfie e senza il lerciume al marciapiede, barboni e disadattati compresi. Il tutto nella sicurezza di non venire minacciati nelle sostanze accumulate in uno stato che svende loro le aziende per quattro soldi. Al convegno in Puglia aggiunge anche che i ricchi sono più educati dei poveri. Non so se sia vero, di certo i disgraziati fanno di tutto per emularli al peggio, sporcizia e maleducazione compresa. Dalle sue parole viene fuori un ritratto misero del nostro paese. Con milionari che spendono 30.000 euro al giorno in sciocchezze, mentre s’industriano per sottrarre quelle stesse risorse alla comunità. Il turismo facoltoso è più educato, ma non si capisce in cosa consista questa educazione; nel mio mondo rurale, quello della pasta e fagioli, dei mosti stagionati nelle cantine, dei racconti popolari significa contestualizzarsi riconoscendosi in un minimo di regole comuni e nello stato: la prima delle quali consiste nel non razziare il pubblico, pagare gli oneri, versare il giusto ai lavoratori. Gli affari loschi resi leciti dalle leggi sottoscritte dagli amici onorevoli, non rientrano nell’ordine della buona educazione. Si chiama etica questa cosa, ma che glielo dico a fare; l’ha anche detto al convegno: ci sono troppi filosofi in parlamento. Gente che non capisce un cazzo e priva di senso pratico, che guarda pure con cattivo occhio un individuo che ha fatto i soldi col malaffare e che spende uno sproposito per una bottiglia di vinaccia adulterata. Perché i maître à penser alla Briatore che non rispettano la cultura (e la cultura non è una cosa astratta, ma proprio un affinamento del gusto) non distinguono un vino dall’altro; il criterio della qualità rimane il prezzo. Più l’hai pagato più vale, come le ragazze con le quali si accompagnano, roba da migliaia di euro a botta. A me sembra una vita miserevole, fatta di nulla, con capitali depositati in Svizzera o chissà dove; denaro col quale di norma ai poveri vengono assicurati i servizi essenziali. A questa gente che compra il Cabernet di Screaming Eagle del 1992 (228.000 euro) e non sa quant’è buono un Dolcetto di Dogliani Sorì Dij But (8 euro a bottiglia), come gliela spiego la differenza tra un uomo e un altro e che se l’altro è costretto a una vita infelice dipende proprio dal cattivo gusto di chi fa carte false per non retribuirlo secondo giustizia e equità?
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LA MAMMA DI ARISTOTELE E’ SEMPRE INCINTA
La giustizia è la reazione a un’azione dannosa; ha una connotazione punitiva, nessuno chiede giustizia se prima non ha subito un torto. Anche quando rinunciamo alla replica non possiamo fare a meno di pensare: ma con quale diritto (sempre lui, il terzo incomodo) mi fa questa cosa. La questione è complicata: è nato prima il diritto o la giustizia? Senza ammorbare ulteriormente le galline, la lasciamo in sospeso. Le mamme non avrebbero dubbi: sono nate prima loro, il senso della giustizia o del diritto è successivo e lo amministrano con la competenza di un pretore. La giustizia è gestita a più gradi, ma il suo esercizio pubblico è nelle mani dei giudici. Il giudice appurata la relazione tra la causa e l’effetto sanziona l’artefice della cattiva azione; deve ricostruire la verità e si comporta come un logico che ricompone il legame tra reazione e reazione. Hume, che era un ottimo filosofo non avrebbe potuto fare il mestiere del magistrato; ha messo in dubbio prima ancora che la coerenza di causa effetto la logica e ha chiarito la natura della verità (così come ce l’hanno raccontata Aristotele e le nostre mamme) come credenza. Le relazioni sono per natura instabili, tranne in italia dove sembrano eterne più che durature. Lo stesso vale per le credenziali, che hanno preso il posto delle credenze: quel ‘lei non sa chi sono io’ pare che faccia curriculum. Per relazione intendiamo la connessione (ontologica) tra cose, idee, fatti e i ragionamenti consistono nell’ordinare la frammentazione secondo relazioni costanti o incostanti. La relazione causale funziona per contiguità e priorità della causa rispetto all’effetto. Due oggetti considerati come causa e effetto sono contigui, uniti da un’infinità di altre cause e la causa precede sempre l’effetto. Dalla ripetizione secondo il prima e il poi nasce l’abitudine e giungiamo all’idea di connessione necessaria attraverso l’esperienza. L’esperienza ha sempre a che fare con il passato; tuttavia secondo Hume non dà garanzie su quel che accadrà, perché un cambiamento è sempre possibile. Ne sapeva qualcosa il tacchino di Popper, che aveva maturato la convinzione di essere immortale; fino al 25 di dicembre. L’induttivista prima o poi finisce ne forno.Trasferiamo insomma la nostra esperienza dal passato al futuro, ma lo facciamo per un meccanismo psicologico e emotivo, l’abitudine. L’abitudine a sua volta istituisce la necessità (e questa volta possiamo lasciare in pace la gallina, lo sappiamo chi è nato prima). La necessità è qualcosa che esiste nella nostra mente piuttosto che nelle cose; è la determinazione a passare da un oggetto a un altro, da un’idea all’altra ricercando la causa e i principi primi. Anche quando le mamme danno un ordine, pare che debbano inserire l’imperativo morale in una teleologia che ha come referente il buon Dio; senza quello il discorso sembra loro vuoto e privo di sostanza; contestabile dall’adolescente che ha dentro casa, disposto per acneica propensione alla confutazione. La giustizia è sempre sottilmente teologica come pratica intellettuale e non per niente il giudice è un pretore. Quando la mente passa da un’idea all’altra, lo fa in base a principi associativi che consentono di unirle nell’immaginazione. Tali principi sono: somiglianza, contiguità e causalità. Ciò significa che se abbiamo un’idea, la nostra mente tende a passare naturalmente all’idea che le assomiglia, che le è contigua e che le è connessa. Questa cosa le mamme e i giudici la chiamano verità. In quanto principio di associazione tra le idee, la causalità consente l’inferenza da un’idea all’altra. Secondo Hume esistono due definizioni della causalità, l’una intende la causa come relazione filosofica, l’altra la considera un principio di associazione. Per la prima la causalità si determina come un oggetto contiguo ed antecedente ad un altro, in modo tale che gli oggetti somiglianti siano posti in relazioni analoghe di contiguità e priorità. Per la seconda definizione, la causa è un oggetto contiguo ed è antecedente a un altro; unito ad esso al punto tale che l’idea dell’uno determini la mente a passare all’idea dell’altro. Discorso articolato più che complicato; in sintesi vuol dire che abbiamo la convinzione che ogni oggetto che cominci a esistere debba sempre avere la causa della propria esistenza. Tale bisogno intimo di certezza e fondamento assume i toni del grottesco; qualcuno parla di Dio come causa prima, altri di un senso morale assoluto che ordina le cose, altri ancora di verità. Questi sono i peggiori, hanno la tendenza a istituire regole e leggi valide per tutti, al di là delle naturali articolazioni e diversità. Non siamo un popolo fenomenologo e le cose sembrano non bastarci per come si presentano e sono, abbiamo bisogno di altro. E perseguiamo l’intenzione con l’ostinazione di una mamma che detiene la verità e difende l’ordine col battipanni.
Sono disponibile…
aforismi da: Gli italiani il sesso lo fanno poco e male
Ridete della follia, ma è a quella che vi rivolgete per risolvere i problemi prodotti dalla normalità.
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I dettagli della personalità sono i sintomi della follia.
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L’ansia è il dubbio di non farcela. E quando non ce la fai è quella cosa che ti dà ragione.
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Ci conosciamo nel dolore, ma mai così bene come quando proviamo piacere.
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Dopo aver letto Jung ho ripreso a fumare sigari; l’idea che non fossero solo sigari a dire il vero mi imbarazzava.
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Allo stato attuale la sola differenza che vedo tra uno psichiatra e un matto è la scrivania. E lo psichiatra è seduto dalla parte sbagliata.
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Nel piacere ho provato l’angoscia ma ho trovato la libertà.
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La rassegnazione è l’odore del cadavere, solo a un corpo decomposto si può chiedere di pazientare o di fregarsene.
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Il mio ottimismo si riduce a questo: non dubito del progresso dell’umanità perché sono certo della sua estinzione.
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La compassione come la sopportazione è il sentimento spurio dello schiavo educato nella tolleranza.
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Il sapone ci ha reso tollerabili più di secoli di cultura della tolleranza.
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La scimmia è l’animale più indisciplinato, assai simile all’uomo. Prima che dalla scimmia l’uomo discende dalla sua indisciplina, la civiltà di cui va fiero è solo un passo indietro nella catena evolutiva.
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E’ degli uomini pensare alla morte come probabile, ma ci vuole il cattivo gusto di un Dio per concepirla come necessaria.
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Quelli che hanno paura di ubriacarsi sono gli stessi che temono di innamorarsi, di difendere un’dea, di farsi carico di una passione. Sono quelli che dicono “solo un dito” quando qualcuno versa loro del vino. Misurano la vita con quel dito e giusto quello assaggiano..
ANTEPRIMA DEL LIBRO
Gli italiani la rivoluzione la fanno poco e male
“Il criterio della buona salute per Reich è il libero fluire dell’eccitazione nel corpo; un corpo erotizzato e non sublimato nelle forme culturali si sente da come l’individuo pensa, nel suo linguaggio, da come si colloca nel mondo. Ravvisa nelle tensioni muscolari un orgasmo inespresso, contenuto, vincolato più alla morale che alle reali esigenze della carne. Le tensioni croniche sono abitudini inveterate, il sintomo del disagio di una civiltà che ha censurato la natura umana incontaminata nelle pulsioni e genuinamente predisposta alla felicità. Come Marcuse, Reich rifiuta l’impianto teoretico freudiano di un impulso originario distruttivo; la nevrosi dipende piuttosto dal decentramento politico del corpo e del suo condizionamento sociale. Il discorso di Freud sul disagio è alterato da un concetto destoricizzato della civiltà, il sacrificio della pulsione non è necessario all’ordine che una comunità si dà, ma funzionale a un genere particolare di società, che per Reich è quello borghese capitalistico. E’ discutibile anche il principio di realtà (tanto caro a Freud) e parimenti indefinibile come quello di normalità; è in questo che la psicoanalisi dimostra una matrice metafisica o ideologica, utilizzando categorie ontologiche (o meglio mitologiche) e non antropologiche. Il concetto di sublimazione, in quanto risolutivo del conflitto libido/civiltà, è una mistificazione per una fascia sociale disorientata in quel che conta e che tuttavia cerca un equilibrio nei meccanismi del consumo e del capitale, rinvenendo non più nella dialettica con l’altro (e con l’Altro) la propria identità. La teoria dell’origine sessuale delle nevrosi porta nella pratica terapeutica alla sostituzione della rimozione inconscia delle pulsioni con la rinuncia consapevole alle pulsioni stesse. Per Reich si tratta non più di uno spostamento culturale sul piano scientifico di idee politicamente conservatrici. Il disagio attuale individuale e sociale dipende invece dal mancato appagamento sessuale, dall'”imptenza orgastica” responsabile nel singolo del disturbo nevrotico e delle degenerazioni etiche e sociali della comunità. L’energia sessuale non liberata provoca un ingorgo nell’organismo, una stasi sessuale che alimenta il sintomo e la malattia. La repressione sociale della sessualità, la miseria sessuale delle masse vincolata a una monogamia innaturale non è che il riflesso della reale miseria sociale e culturale nella quale il popolo si trova a vivere. Il discorso-potere sul sesso, la famiglia, l’ordine economico della società, le istituzioni sono la mano del potere capitalistico che, attraverso le forme della deviazione nevrotica, impongono il dominio materiale e economico dell’ideologia borghese. L’introiezione in massa della prassi sessuofobica come luogo morale, produce individui socialmente pericolosi, stimola gli istinti peggiori, favorisce l’edonismo e l’egoismo, fomenta le degenerazioni antropologiche, mutila il carattere politico, solletica il populismo, annulla le resistenze al potere vincolando gli oppressi all’oppressore. La repressione matura nella depressione, qualche volta nella perversione e diventando la regola della comunità ne altera l’etica, i costumi, le leggi. La famiglia patriarcale in particolare il più delle volte mostra il carattere repressivo, il baluardo del capitale all’interno della classe oppressa, impedendo già dalle mura domestiche ai giovani di sviluppare l’energia rivoluzionaria”. (Dall’introduzione)
LIBRO ALLE PAGINE
EBOOK: https://www.amazon.it/dp/B01N4SLX2A
CARTACEO: https://www.createspace.com/6894781
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