Cari neoliberalfascisti Cinquestelle: eravate partiti con la Gabanelli, Rodotà, Zagrebelsky; avete fatto le barricate per il reddito di cittadinanza; eravate per le rinnovabili, per l’ecosostenibilità; con Gino Strada e per la tecnologia al servizio della democrazia; avete riempito le piazze al grido “onestà”; giuravate guerra all’Ilva e al Tav; vi battevate per i diritti civili e per quelli sociali. Ora ci ritroviamo la Rai militarizzata da una destra incivile, la terra da zappare per le coppie fertili, un reddito di sudditanza che fa disonore alla povertà, le spese morali (e poi chi cazzo è Di Maio per dirmi come devo spendere i soldi?), Lino Banfi, la Cuccarini, Rita Pavone, la democrazia diretta (studiate bestie, quella non è più democrazia, ma fascismo), la democrazia al servizio della tecnologia (dell’azienda del vostro capo), la guerra alla Francia, all’Europa, ai rom, agli omosessuali, alle famiglie alternative e troppe ancora ce n’è. Volevate cambiare il mondo e ci avete consegnato un’Italia incarognita, razzista, povera, con più debito, che ha paura e si difende con le pistole, inquinata e corrotta come una puttana di Caracas. Dopo un esercizio trentennale della professione. Questo comunque si sapeva. Ma che ora giochiate al poliziotto buono con Salvini non va bene, cari neoliberalfascisti, non siete credibili. Alle europee risparmiateci la campagna sui diritti civili, quelle sono cose serie. Siate onesti davvero, per una volta, e presentatevi col vostro alleato; che non è diverso da voi, che è come voi, che con voi e come voi sta trascinando il Paese nella merda.
Tag: satira
ER LIBRO
Er libro è quarcosa che te fa sognare, po esse in alto o in basso allo scaffale, e nun importa se tratta de sesso o Giovenale, de Biancaneve e de morale: lo legge er colto ar tavolo seduto o sopra ar cesso,il villan fottuto, Le parole nun abbisognano della scrivania, ma de pazienza, curiosità e de tanta fantasia. Poi legge’ de Platone e de’ bosoni, le storie de servi e de padroni, de quarche litania, un po’ de pissicologia. Nun fa niente se er libro è scritto male, ché pure dentro ar cesso se po’ usare; certo dipende dalla carta e da la morbidezza sua, ma mentre sta seduto er culo nun distingue tra l’opera de Dante o d’uno sprovveduto. Anche nella peggior accezione er libro te fa pure dall’igienica invenzione. Certo, te po pure dispiacere, ché l’uso suo non è per il sedere: ma perdonate la malacreanza, ve vojo vedè a voi nella tragica mancanza. E dunque er libro portatevelo appresso, ovunque andate ma soprattutto ar cesso. Ve ne consegno uno tra le mani, parla de Biancaneve e i sette nani; pare pure che je l’abbia data: avete voi de mejo pe’ ogni passata?
Gli italiani il sesso lo fanno poco e male
La mediocrità ha il nome dell’indifferenza, del conformismo, del razzismo e della religiosità nascosta nelle cose. Questa indole spuria è oggi trasversale, ha contaminato l’ingenuità delle classi sociali povere, promettendo loro il facile consumo come risarcimento. Quella che una volta era la coscienza popolare ha finito per distorcersi in un torvo qualunquismo che è nella sostanza torpore ideologico. Non stupisce che questi uomini e donne si ubriachino col Tavernello, spacciando per gusto ciò che in realtà è una sonnolenza di massa.
LIBRO ALLE PAGINE
EBOOK: https://www.amazon.it/dp/B01N4SLX2A
CARTACEO: https://www.createspace.com/6894781
GLI ITAGLIANI (ANTEPRIMA)
IL MOVIMENTO DEFORME
E’ un partito senza voti e consenso. Manca di una sede ed è privo di una collocazione; non rappresenta nessuno, perché non siamo delle rappresentazioni; non dà voce a un’ideologia, perché siamo persone e non idee…
E’ un partito senza voti e consenso. Non ha un colore politico; manca di una sede ed è privo di una collocazione, uno statuto, una storia; non rappresenta nessuno, perché non siamo delle rappresentazioni; non dà voce a un’ideologia, perché siamo persone e non idee; non si radica nel territorio, svella piuttosto dalle radici. Non appartiene e non dà appartenenza, perché la proprietà non è un furto ma comunque fortuita. Non porta valori ma disvalori, deforma e non informa: il movimento aborre tutto ciò che è conforme. E’ un partito senza regole, prìncipi e principi, che non ha un capo e una coda. Quello DEFORME è un movimento che non si accoda.
Noi, uomini e donne che aderiamo al movimento siamo per il disordine, la cattiva sintassi, i paradossi concettuali, gli ossimori lessicali, le aritmie estetiche. Siamo per i linguaggi non convenzionali (e non convenzionati) nell’arte, nella scrittura, nella vita. Noi, uomini e donne del Movimento Della Deformità, rifiutiamo il logos e la teleologia semantica, la logica lineare, l’universo nei significati codificati unidirezionati e ci impegnamo per un’estetica nell’arte come nella vita di tipo circolare, chiaroscurale, gastrointestinale. Aderiamo a una ricerca superficiale, ottica, destoricizzata e decontestualizzata. Siamo per la cattiva digestione culturale, ascoltiamo le peristalsi dell’occhio, sosteniamo l’iperacidità e anzi la promuoviamo come un fatto di coscienza. Difendiamo il brutto, l’osceno, il satiro in tutte le sue forme. Non siamo DADA né DADAUMPA. Diffidiamo della parola “cultura” poiché siamo per una coltivazione manuale e contadina del sapere, diffidiamo della morale e delle sue storture epocali, diffidiamo delle aberrazioni concettuali e delle distorsioni metafisiche. Noi esseri deformi ci dichiariamo cultori dell’insuccesso, del fallimento, di un politeismo antropologico libero dai confini geografici, ideologici e temporali. Difendiamo il corpo e la carne in tutte le manifestazioni, anche patologiche, la mente nelle devianze, il pensiero paralogico. Aborriamo la lingua nella sua attuale codifica, la bellezza nelle transustanzazioni dell’Io, il diritto consustanziale all’economia. Crediamo nell’etica di Topolino più che in quella di Croce o di Marx, crediamo che i Puffi (pur essendo alti due mele o poco più) siano giganti della cultura, crediamo che Paperina sia più sexy di Belen, preferiamo Paperone che cerca pepite nel Klondike alla new economy che scava nel torbido. Pensiamo e ci battiamo per questo come cavalieri che brandiscono il pennello e la penna, di realizzare un mondo non più di ombre sbiadite, uomini demoralizzati e deumanizzati, ma di cartoni in/animati che fluttuano attraversando il tempo per dare vita a una città di carta svincolata da idee, miraggi e false credenze.
PUNTI PROGRAMMATCI
– Alla logica deduttiva preferiamo quella seduttiva
– Siamo per l’errore in tutte le sue forme, aborriamo la verità e il suo concetto
– Crediamo, come quel saggio che si perse nel deserto alla ricerca di sé, che cercarsi è un bene ma essere cercati è comunque meglio
– La morale è l’altare su cui sacrifichiamo la nostra felicità
– L’anima è ciò che rimane del corpo quando lo abbiamo privato di tutto quello che dà piacere
– Ripudiamo la guerra e mettiamo i liquori nei loro cannoni
– De/psicologizziamo e difinfestiamo l’occhio e la lingua dai vecchi retaggi freudiani
– Siamo per tutto ciò che è instabile, incerto, insicuro, a cominciare dalle categorie di spazio e tempo
– Non crediamo a un’etica senza un’educazione estetica
– La bioetica è un tribunale d’inquisizione, chiediamo lo scioglimento di congregazioni che perpetuano delitti contro la civiltà
– Amiamo e rispettiamo la natura, tanto da amarla anche contronatura
– Lo spazio è una contrazione/dilatazione del tempo
– La luce è l’arteficie di questa contrazione
– La contrazione dello spazio comporta il suo annullamento
– L’annullamento porta a una necessaria revisione dei confini geografici e conseguentemente giuridici
– Il tempo è mero flatus vocis ed è frutto della vecchia logica lineare secondo il prima e il poi
– Noi siamo per il durante, siamo esseri in transizione
– Lo spazio prima che un campo fisico è un campo poetico
– Non c’è verità senza giustizia, salute, bellezza. Tutto ciò che non porta a questi tre universali è contrario alla vita e alla civiltà
– Libertà di parola, di pensiero, di sesso. Il grado di civiltà di un popolo si misura con questi tre parametri. I treni forse arrivavano in orario, ma tutto quel silenzio è contrario alla nostra estetica di uomini e donne disarmonici
– Optiamo quindi per il rumore, in tutte le sue forme
– 2+2 fa 4… ma ci riserviamo il dubbio
– Causa-effetto: ci dichiariamo contro le relazioni logiche, alle certezze aristoteliche di potenza-atto preferiamo l’instabilità di Popper
– A Popper preferiamo comunque le poppe
– Ci dichiariamo contro le relazioni in genere, relazionarsi è creare uno spazio e una prigione di luoghi comuni. Siamo contro i luohi comuni
– Rifiutiamo il principio di identità e la carta di identità. Noi esseri disarmonici andiamo al di là di noi stessi, siamo quello che non siamo, che sfugge, che non si capisce. Siamo ossimori di transizione
– Il nostro motto è ambarabàcicìcocò
– Recitiamo Apelle figlio di Apollo… e ci commuoviamo per la palla fatta da Apelle
– Inorridiamo per la figlia del dottore che faceva l’amore con tre civette sul comò
– Riteniamo che la vita sia comunque meglio
ETICA DELLA DEFORMITA’
Noi Uomini e donne del Movimento rifiutiamo i concetti di bene a e male. Non siamo superiori né al di là, semplicemente stiamo al di qua. La nozione di al di là non appartiene alla nostra visione del mondo. Non siamo contro lo stato, anzi lo difendiamo. Pensiamo però che che lo stato debba avere un nome (attualmente chi può delinque e nessuno sa chi sia appunto… stato). Proponiamo di chiamarlo Paperopoli. Difendiamo il diritto del potente di opprimere, di depauperare, di schiavizzare, mallevando Paperone da ogni responsabilità giuridica, etica e morale. Difendiamo coi denti la Grazia da cui discende questo sacrosanto diritto e facciamo di tutto per entrarci anche noi nella “Grazia”. Siamo contro il diritto al lavoro, allo studio, al salario, alla dignità omosessuale e della donna. SGRUNT! Siamo contro la massificazione, noi non massifichiamo, al limite ma sì, ficchiamo. Siamo contro ogni forma di parità: noi uomini e donne disarmoniche siamo esseri dispari. Riteniamo la libertà una chimera della ragione, e il senso della giustizia una malattia dello spirito. Alla teleologia di nonna Papera preferiamo l’epicureismo di Ciccio. Ci dichiariamo liberi tanto da non incatenarci a un concetto sorpassato dalla storia, annullato dalla lingua, schiacciato dalla tecnica. Più che liberi siamo libertini. Crediamo alla felicità e difendiamo con tutte le nostre forze il bicchiere di vino con un panino. L’eudaimonia è stata confinata nel daimonion e sotterrata agli inferi. Noi pertanto siamo esseri inferiori, più che intellettuali gastrointestinali. Amiamo l’eugenetica di Walth Disney e l’apostasia di Gastone, manipoliamo l’anima. Aborriamo la verità e la morale su cui si è ritagliata la nostra vita, aborriamo la mistica che è fame nella pancia, aborriamo la legge quando è intesa settorialmente e geograficamente. Votiamo esclusivamente quando consumiamo. Siamo per l’uno parmenideo: per noi esseri disarminici non esistono popoli, culture, religioni e civiltà. C’è un solo spazio e un solo tempo, tutto il resto è noia. I confini giuridici sono sorpassati dall’omologazione indotta dalla velocità. Siamo però per la donnalogazione. In/sistiamo quindi nel dubbio paperoghiano e ripetiamo “perché l’ente e non piuttosto il nulla?”. Non solo non abbiamo la risposta, ma titubiamo anche nella domanda SQUARAQUACK! Siamo esseri senza spessore e forma, passeggeri senza senso, frattali privi di storia e di futuro; godiamo il presente e lo consideriamo un regalo. Non per niente si chiama “presente”. Viviamo e non viviamo, presenti/assenti anche a noi stessi. Noi esseri difformi siamo e non siamo.
POLITICA DELLA DEFORMITA’
– Abolizione dell’istruzione di stato; non chiediamo la soppressione degli individui già devastati, ma una ghettizzazione, privandoli degli strumenti della comunicazione e della procreazione, fino all’estinzione degli stessi
– Abolizione del titolo di studio; il cretino con la laurea ha rovinato ed è il nemico di questo paese
. Abolizione degli ordini professionali e delle professioni
– Abolizione della tv di stato e di tutte le televisioni presenti nel territorio
– Chiusura delle scuole e abolizione delle leggi
– Abolizione del lavoro. Si lavorerà per piacere, ciascuno secondo capacità, bisogno e creatività
– Abolizione dei sessi, delle razze, dei luoghi comuni
– Abolizione della figa; per legge istituiamo un declassamento dei contenuti culturali e di senso che prevalgono sulla dignità della femmina
– Abolizione dei patrimoni e dei matrimoni
– Abolizione dell’educazione di stato e delle altre coercizioni culturali
– Abolizione dei confini geografici e culturali, di razza, di colore, di sesso, di specie
– Abolizione delle mestruazioni
– Abolizione delle identità, del nome, dell’Io, della volontà
– Scioglimento della famiglia e dei gradi di parentela
– Obbligo alla lettura
– Coloro che non leggono almeno 300 libri all’anno decadono dai diritti politici e civili
– Obbligo all’ozio, chi verrà scoperto anche solo ad appendere un quadro sarà punito severamente
– Ogni cittadino ha diritto alla felicità
– Ogni cittadino ha diritto al piacere
– Ogni cittadino che incontra un altro cittadino è obbligato a sorridergli; i trasgressori verranno inderogabilmente sanzionati
– Ogni cittadino ha il diritto all’orgasmo, anche sul posto di lavoro; il numero verrà stabilito di volta in volta e nel rispetto dei bisogni individuali
– Ogni cittadino ha diritto a vivere senza Salvini
– Ogni cittadino ha diritto a vivere senza ambizione
– Ogni cittadino ha diritto alla follia, lo stato abolisce a aborrisce la normalità
– Ogni cittadino ha diritto a vivere senza idee, fede, valori.
Lo stato si impegna a far rispettare i punti sopra citati; garantisce altresì:
– Il diritto alla disinformazione; coloro i quali avranno esercitato la professione del giornalista saranno privati dei diritti civili e politici, allontanati dalla città e espropriati dei beni
– Il diritto alla deformità; lo stato incentiva e sostiene ciò che è informe in genere
– Diritti e pari dignità per tutte le specie viventi
– Lo stato difende e sollecita il piacere in tutte le sue forme
– Soppressione degli esercizi intellettuali non finalizzati all’edonismo e alla soddisfazione del corpo.
Lo stato protegge i suoi cittadini dalla cultura, dalle fedi, dall’informazione; difende e tutela il cittadino anche da se stesso.
ESTETICA DIELLA DEFORMITA’
Ogni cosa è luce spazio e tempo. Fedeli all’uno eleatico siamo per l’annullamento dello spazio e la contrazione del tempo. Il corpo non è immune a questo processo di de/composizione. Indeterminati nello spazio e nel tempo i nostri corpi si presentano deculturalizzati, depsiclogizzati, clarabellizzati. Anatomie deformate decontestualizzate, de/organizzate, avulse dal contesto estetico e dalle abitudini della lingua. Luci, parole, musiche vibrano come cacofonie distoniche, sono vita priva di organi che si muove nello spazio alla ricerca di un non senso. Noi uomini e donne deformi siamo e realizziamo cartoni in/animati senza finalità, privi di anima e senza Dio. Produciamo corpi di cellulosa che non si possono redimere né salvare, ospedalizzare o patologizzare. Noi esseri deformi manipoliamo la vita nella sua profonda insondabile superficialità.
INVITO ALLA DEFORMITA’
Uomini e donne vi chiediamo di aderire al Movimento Della Deformità. Non abbiamo casacche né idee da vendere. L’ideologia è stata sotterrata e svenduta al supermercato col 3×2. Non abbiamo altro da proporvi fuori dalla nostra dignità di esseri liberi. Aderite alla nostra estetica di carta, non chiediamo che indeterminarvi. Come nel principio di Paperoga σχ σρ ≥ h/4π .Cerchiamo l’instabilità piuttosto che l’equilibrio, la probabilità prima della certezza. Vogliamo proseliti non prosseneti… SGRUNT!
PER UNA SANA E ROBUSTA COSTITUZIONE
Il popolo italiano non si riproduce e quando prolifica non è in grado di confrontarsi con i popoli più evoluti. Si tratta non di una popolazione in decadenza, ma destinata all’estinzione.
Una ricerca ha individuato che il popolo italiano non si riproduce e quando prolifica la sua genìa non è in grado di confrontarsi con i popoli più evoluti. Si tratta non di una popolazione in decadenza, ma destinata all’estinzione. Non c’è molto da aspettarsi da un un paese che ammazza i suoi uomini migliori; i corrotti diventano ministri e gli incapaci fanno carriera, mentre i cittadini guardano la De Filippi. Allo scopo di arrestare l’inesorabile declino, rinnoviamo le norme e le leggi secondo i punti seguenti; affinché uomini e donne presenti sul territorio possano maturare una sana e robusta costituzione.
– Abolizione dell’istruzione di stato; non chiediamo la soppressione degli individui già devastati, ma una ghettizzazione, privandoli degli strumenti della comunicazione e della procreazione, fino all’estinzione degli stessi
– Abolizione del titolo di studio; il cretino con la laurea ha rovinato ed è il nemico di questo paese
. Abolizione degli ordini professionali e delle professioni
– Abolizione della tv di stato e di tutte le televisioni presenti nel territorio
– Chiusura delle scuole e abolizione delle leggi
– Abolizione del lavoro. Si lavorerà per piacere, ciascuno secondo capacità, bisogno e creatività
– Abolizione dei sessi, delle razze, dei luoghi comuni
– Abolizione della figa; per legge istituiamo un declassamento dei contenuti culturali e di senso che prevalgono sulla dignità della femmina
– Abolizione dei patrimoni e dei matrimoni
– Abolizione dell’educazione di stato e delle altre coercizioni culturali
– Abolizione dei confini geografici e culturali, di razza, di colore, di sesso, di specie
– Abolizione delle mestruazioni
– Abolizione delle identità, del nome, dell’Io, della volontà
– Scioglimento della famiglia e dei gradi di parentela
– Obbligo alla lettura
– Coloro che non leggono almeno 300 libri all’anno decadono dai diritti politici e civili
– Obbligo all’ozio, chi verrà scoperto anche solo ad appendere un quadro sarà punito severamente
– Ogni cittadino ha diritto alla felicità
– Ogni cittadino ha diritto al piacere
– Ogni cittadino che incontra un altro cittadino è obbligato a sorridergli; i trasgressori verranno inderogabilmente sanzionati
– Ogni cittadino ha il diritto all’orgasmo, anche sul posto di lavoro; il numero verrà stabilito di volta in volta e nel rispetto dei bisogni individuali
– Ogni cittadino ha diritto a vivere senza Salvini
– Ogni cittadino ha diritto a vivere senza ambizione
– Ogni cittadino ha diritto alla follia, lo stato abolisce a aborrisce la normalità
– Ogni cittadino ha diritto a vivere senza idee, fede, valori.
Lo stato si impegna a far rispettare i punti sopra citati; garantisce altresì:
– Il diritto alla disinformazione; coloro i quali avranno esercitato la professione del giornalista saranno privati dei diritti civili e politici, allontanati dalla città e espropriati dei beni
– Il diritto alla deformità; lo stato incentiva e sostiene ciò che è informe in genere
– Diritti e pari dignità per tutte le specie viventi
– Lo stato difende e sollecita il piacere in tutte le sue forme
– Soppressione degli esercizi intellettuali non finalizzati all’edonismo e alla soddisfazione del corpo.
Lo stato protegge i suoi cittadini dalla cultura, dalle fedi, dall’informazione; difende e tutela il cittadino anche da se stesso.
Per una bibliografia alla pagina https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_noss?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=giancarlo+buonofiglio
UOMINI E PROSTITUTE
La parola prostituta priva la donna della sua consistenza umana e giuridica e la mette sul piano delle cose. Allora è facile prevaricare, non sul corpo ma sulla dignità di un altro essere. Il desiderio è appagato e l’uomo per una volta si sente come un Dio.
Cosa compra un uomo quando paga una prostituta? Il piacere o il diritto alla proprietà su un corpo e a trattarlo come una cosa tra le cose? Tra il cliente e la prostituta c’è però un terzo incomodo che disturba il piacere, la coscienza. Ma la pulsione è forte e il desiderio è incontenibile. Si spoglia perciò la donna del nome e nel nome della sua identità politica, morale, sociale. A quel punto non vediamo che la sua funzione o la sua finzione, l’immagine o la sua rappresentazione. Chiamiamo rapporto ciò che è in realtà un’intima relazione. La parola prostituta priva la donna della sua consistenza umana e giuridica e la mette sul piano delle cose. Allora è facile prevaricare, non sul corpo ma sulla dignità di un altro essere, affine prima che difforme. Il desiderio è finalmente appagato e l’uomo per una volta si sente come un Dio; giuridicamente, socialmente e moralmente legittimato dai soldi, che passano da un corpo all’altro, senza nessuna mediazione.
Da IL MANUALE DELLA PROSTITUTA: CONSIGLI, AMENITA’ E FACEZIE SOPRA L’ESERCIZIO DEL MERETRICIO E DEI LUPANARI
https://www.facebook.com/IL-Manuale-Della-Prostituta-1113484422036839/
SECONDA STELLA A DESTRA
La presenza di questa assenza è una costante. Ricercare le cause e i principi primi vuol dire focalizzare quel punto esterno come istitutivo e fondante.
In matematica si dice che due punti si uniscono in una linea retta, tre costituiscono un campo piano, a due dimensioni, ma serve un quarto punto per dare luogo a uno spazio tridimensionale, Questo quarto punto deve essere collocato fuori dal perimetro ordinario. Non è una questione banalmente geometrica, si tratta di un profondo ordine generale. Disponiamo il nostro vivere su un foglio privo di spessore mentre quello che dà un senso è un fuori luogo, qualcosa che sta altrove. La presenza di questa assenza è una costante; assume diversi nomi e si pone come la causa ultima delle cose. Ricercare le cause e i principi primi vuol dire focalizzare quel punto esterno come istitutivo e fondante. E’ una funzione non solo degli individui, ma delle comunità; dalle più piccole a quei mostri della civiltà che chiamiamo stati. Ogni comunità si organizza sulla base di un finalismo telelogico. Kant aveva compreso la centralità di quella coordinata esterna alle cose e pur non conoscendola doveva supporla per dare un senso a quel che vedeva. Ma era cauto e sapeva che si trattava di qualcosa di affine alla logica, ma non di logica e meno che mai di conoscenza. Il problema nasce col passaggio dalla logica all’ontologia; al quarto punto viene dato un corpo fisico attraverso un cortocircuito del pensiero. La metafisica, che nulla dice del vivere e non estende il sapere, ma dispone l’assetto delle cose fornendo loro una solidità giuridica; stravolge il campo rendendolo tridimensionale. Non troppo lontano è andato Lacan; non tollerando l’assenza e il vuoto, riempiva lo spazio con qualcosa, e questo qualcosa proprio in quanto cosa doveva anche essere presente o reale. Ed è questo il problema: a quella costante che è assenza e mancanza diamo il nome e il corpo della presenza; il vuoto assume una corposità esasperata, gli stati e i loro ordinamenti adeguano le leggi su qualcosa che non c’è. E nel particolare anche la vita dei singoli individui è abusata da questo al di là della coscienza. Il quarto punto continua ad essere collocato altrove determinando da un non luogo tutte quante le articolazioni dell’esistenza.
Da La vita è una camicia stropicciata (ricettario filosofico), di prossima pubblicazione.
I libri sono disponibili nello store della Mondadori, alla pagina
http://www.mondadoristore.it/search/?g=giancarlo+buonofiglio&bld=15&swe=N&accum=N
E su Amazon, al link https://www.amazon.it/Giancarlo+Buonofiglio
FACCIAMO SESSO
FACCIAMO SESSO
Parlare di sesso non è semplice, quando va bene passi per pornofilo e comunque la parola è abusata, anche da un punto di vista sessuale. Siamo violentati dalla locuzione; alcuni sono diventati insensibili, altri resistono e si sentono infastiditi o molestati, altri ancora si eccitano, ma sono pochi e non è a questi che mi rivolgo. Le parole violentano come le persone, forse pure di più. Ammetto però che almeno sul piano pratico rimane una violenza preferibile, ma il problema rimane. La parola sesso crea un disturbo reale (agli intellettuali un vero mal di pancia, lasciando la questione in mano dei sessuologi e mi pare una forzatura stilistica); richiama a fumosi e ineducativi filmati per militari, svuota uno scenario amoroso di un contenuto emozionale, priva i corpi di un significato storico, espone la carne sul piano sociale, come in una macelleria. Gli innamorati non parlano di sesso, fanno l’amore e questa cosa ha una ripercussione enorme. E’ difficile che un uomo con dei sentimenti verso un’altra persona l’avvicini dicendo “facciamo sesso”, vorrà sempre e solo farci l’amore. Perché l’amore si fa e il sesso è appunto una parola. Ed è proprio questa la discriminante: cerchiamo nelle parole le cose, perché vogliamo corromperle e per farlo inventiamo favole; quando non capiamo qualcosa la rinominiamo, e rinominandola le diamo un senso, in qualche modo l’afferriamo. E dunque: i disperati che vanno in cerca di sesso cercano comunque un senso; nel modo sbagliato, perché il piacere della parola fatica a passare da un corpo all’altro. E così per lo più è autismo sessuale; a volte una metafisica altre una perversione. Poi per carità se l’autista è bravo il passeggero viaggia dietro e sta magari comodo. Ma sempre dietro rimane.
da LEZIONI DI SESSO (esercizi di felicità)
SUMMA PROSTITUTIONES
Edizione riveduta e corretta. La prostituzione, l’amore, il sesso e tutto quello che gravita attorno al piacere in questa Summa Prostitutiones scritta in un italiano antico. Nello store della Mondadori e ordinabile online.
STORIA DE LA PROSTITUTIONE
Storia breve de la prostitutione et delle case di tolleranza, con un’aggiunta sopra la giurisprudenza.
Poiché quello de lo sesso è il lavoro più antico del mondo (Palem, sine delectu, pecunia accepta), non è facile risalire alla nascita sua e si perde nella notte dei tempi. Deprecato ma nascostamente tollerato dall’autorità che se ne serve per lasciare uno sfogo alle voluttà
Bandisci le prostitute dalla società, e ridurrai la società nel caos, per la lussuria insoddisfatta (Agostino, De ordine, I.II., cap. IV)
Mi sono rallegrato con te, perché riservando i tuoi istinti alle professioniste preservi la castità delle nostre spose (Catone)
Nel vedere che molti giovani della nostra città subivano impulsi della natura e si smarrivano su cattive strade, egli [Solone] assoldò alcune donne e le insediò in diversi quartieri per essere pronte e disponibili con tutti (Filemone)
de lo maschio (secondo la formula: “le prostitute le teniamo per il piacere, le concubine per le cure di tutti i giorni, le spose per la discendenza et la custodia del focolare”), così prevenendo non solo i costumi licentiosi ma lo stesso delitto (come dice il criminologo Lombroso) che sempre ha una natura sexuale
Sapientis legislatoris est minores trasgressiones permittere, ut maiores caveantur… In regno humano illi qui praesunt recte aliqua mala tolerant ne aliqua bona impediantur, vel etiam mala maiora incurrantur (Tommaso d’Aquino).
I primi exempi di postriboli sono stati rinvenuti nella Caldea (tra Babilonia, l’Iraq et il golfo Persico dove una giovane dedita al mercimonio era detta “harimtu” o “shamatu”, et veniva venerata tanto che nella torre di Babele ricostruita v’era, come racconta Erodoto, un letto su cui le vergini si univano al re o con un sacerdote), a Gerusalemme (sotto il regno di Giosia existeva nei santuari ebraici un commercio de lo sesso legato al culto) et in Egitto (dove erano chiamati “optet”). Presso alcuni popoli della Mesopotamia si venerava un simulacro del meretricio (Ishtar); mentre le donne degli Amoriti erano obbligate a fornicare per sette giorni consecutivi prima di sposarsi, et a Eliopoli (in Siria) le vergini subivano la deflorazione prematrimoniale da parte di uno straniero. Fu però in GRECIA che si organizzò il primo vero casino di stato (VI sec. a.C.), ad opera di uno dei sette savi nonché fondatore de la democrazia ateniese, Solone, che fu da modello per le epoche seguenti.
In ATENE quasi tutte le case di tolleranza erano posizionate nel quartiere “Ceramico”, nella zona del porto et delle vie del Pireo. Istituite per legge l’igiene et la salute pubblica, furono apperciò acquistate giovani schiave con la funzione di offrire all’impeto della popolazione maschile un diversivo per salvaguardare l’onore de le donne libere. Al di là dell’ordine dato alla vendita dello piacere, la cosa interessante è che con i suoi profitti Solone fece tra le altre cose costruire un tempio sacro dedicato ad Afrodite Pandemia (= pubblica, protettrice dello amore a pagamento; la dea responsabile della passione di Elena e Paride et de la voluttà esasperata di Pasifae, Fedra, Medea). Ma ciò non deve stupire più di tanto, se pensiamo che al tempo le prostitute erano tenute in grandissima consideratione, assumendo a volte dei ruoli quasi religiosi. Come le ierodule, legate al culto del tempio et le auleridi (experte nel saper vivere e nel dare agli uomini la serenità), istruite et dunque presentabili nella società. In generale le foemine dedite alla copula venivano chiamate “pornè” (che significa “in vendita”), prostitute di bassa categoria; mentre gli amministratori delle case avevano il nome di “pornotropi”. Le cortigiane colte e raffinate, et apperciò libere, si fregiavano dell’appellativo “etère” (da “hetàira”, che vuol dire “compagna”), et erano certamente più ricercate delle semplici passeggiatrici, le peripatetiche (da “peripato”, il luogo del cammino), capaci più nelle cose erotiche che nella filosofia aristotelica. Cortigiane famose furono Thais, compagna di Alessandro il Grande et sposa di Tolomeo, re dell’Egitto; Aspasia, che fu prima amante e modella di Fidia et poi moglie di Pericle; Frine2 che si legò a Prassitele; Lais che era ben più di una modella per il pittore Apelle. Da che cosa queste celebri amanti derivassero la loro fortuna non è di difficile comprensione, ma se ci fossero dei dubbi a dipanarli basterebbero le parole di Eubulo (ne “La veglia”)
Affrettati ad entrare. Niente moine o scempiaggini: la ragazza non si tira indietro, ma fa immediatamente quello che vuoi e nella maniera che vuoi. Quando hai finito, te ne vai. Puoi dirle di andare al Diavolo, che tanto non è niente per te.
Così stavano le cose nell’Ellade, anche se va ricordato che una tale promiscuità dei sessi era in buona misura disprezzata dagli uomini eruditi ne la filosofia, et accettata unicamente per la procreazione e lo sfogo degli istinti3, mentre era mille fiate più ricercato lo godimento omoerotico alla maniera degli erasti et degli eromeni (ma sull’argomento puoi leggere il mio De rerum contronatura). Secondo il detto antico:
Il culo è fatto per la gente dotta, Per il villan fottuto c’è la potta
E’ a partire dal V sec. a.C. che le cose cambiano per la donna greca, quando viene meno la società omerica e gli strali moralizzatori di Socrate fanno proseliti nella città. Ad Atene i postriboli rimasero ancora sotto il controllo dello stato, et furono sottoposti ad una tassa, il pornikon (deliberato dal bulè, il senato della città), versato annualmente agli esattori che raccoglievano l’imposta. Ma queste case cominciarono ad essere dirette da tenutari privati (ad exempio l’ateniese Euctemone, che possedeva nel Pireo un immobile gestito da una delle sue schiave experta nel formare le giovani prostitute; le quali giunte ad un’età veneranda diventavano a loro volta istruttrici in altre case), che si occupavano anche di istruire le giovinette non solo nel fare all’amore, ma nella musica et nella danza come completamento delle buone maniere. A regolare il commercio (tariffe e clienti) c’erano gli astinomi, che nel numero di dieci assumevano il ruolo di vigilare sul buon costume (tali magistrati si occupavano un po’ di tutto, dalla nettezza urbana alla sorveglianza, ai costumi; come pure dell’ordine morale e del decoro delle strade). Loro compito era anche quello di controllare che i tenutari si attenessero alle tariffe dello stato, stabilite in due dracme per ragazza. A questo proposito, le cronache raccontano ad exempio che l’ateniese Diognide e il meteco (straniero) Antidoro furono condannati dall’eisangelia (= l’azione giudiziaria ateniese) per avere noleggiato le fanciulle ad un costo più alto. Se la legislazione era tutto sommato tollerante nei confronti de la prostitutione, ammessa solo per gli schiavi et i barbari, non così fu per gli sfruttatori. La legge di Solone prevedeva un’ammenda di venti dracme per chi inducesse al meretricio una donna libera, et la pena di morte per quanti si rendevano responsabili de lo mercato dell’infanzia. Naturalmente existeva anche un mercimonio clandestino che si svolgeva fuori dalle case; come le venditrici di fiori sull’agorà (la piazza) et giovanetti e donne in cerca di passanti (come accadde a Sofocle che fu derubato del mantello dopo un rapporto omoerotico con uno sconosciuto). Nella sostanza, poiché la giurisprudenza proteggeva le mogli et le figlie dei cittadini, le cortigiane erano quasi tutte straniere (xeniali), et comunque di bassa extrazione sociale. Distinguere una donna perbene da una passeggiatrice non era complicato; sembra infatti che il legislatore prescrisse (come testimonia Clemente Alessandrino) alle donne oneste di vestire in modo sobrio, mentre autorizzò le prostitute ad indossare abiti vistosi. Le stesse non potevano uscire dalla cinta dei quartieri periferici et dovevano apparire in pubblico velate o mascherate.
CORINTO, che era una città portuale et pertanto molto più volgare e popolare di Atene, fu il vero centro della prostitutione, del piacere et del lusso. Fu in questa terra (le lucciole stavano soprattutto sull’Acrocorinto) che venne meno il carattere sacro della professione (che rimane una pratica di derivazione asiatica, persiana o egiziana), et così rimase fino al 146 d.C., anno della conquista da parte di Roma. Tra le tante prostitute che vi lavoravano, a Corinto exercitava la battona Neera, suocera dell’arconte-re di Atene, a cui venne intentato un processo nel 340 a.C. La sua vicenda è emblematica di quali fossero le regole dell’epoca. Demostene (“Contro Neera”, 18-19) racconta che Nicarete comprò sette ragazze ancora giovanissime (a quanto pare se ne intendeva molto e sapeva giudicare la futura bellezza delle fanciulle, allevarle perfettamente et educarle con competenza; tra queste c’erano Anteia, Stratola, Aristocleia, Metanira, Fila, Istmia e Neera che venne iniziata verso i sei-sette anni), divenne quindi prosseneta (= allevatrice di giovanette da introdurre nel mercato) et fu per questo accusata pubblicamente da Apollodoro. Al tempo il mestiere di prosseneta era riservato quasi esclusivamente alle donne, mentre i tenutari delle case erano soprattutto uomini. La prosseneta doveva avere la capacità di intuire nelle impuberi l’attitudine alla prostitutione. Lo mestiere si trasmetteva per lo più da una generazione all’altra; la madre che invecchiava approfittava della bellezza della figlia per conservare i clienti, mentre la figlia approfittava della reputazione della madre per farsi a sua volta una clientela (come Gnatena e la sua nipotina Gnatenion). In Grecia, et soprattutto in Atene, la prostituzione infantile era liberamente ammessa ma solo quando i fanciulli non fossero di nascita libera, et la legge puniva con severità, come fu per Nicarete, coloro che la contravvenivano. Eschine ha laciato memoria, nel processo Contro Timarco (9-14), che “Per la legge, se un padre o un fratello o un tutore … darà in affitto un bambino per prostituirlo, non vi sarà azione penale contro il bambino stesso, ma contro colui che l’ha dato in affitto e colui che l’ha preso … Quando il fanciullo avrà raggiunto l’età adulta non sarà obbligato a nutrire suo padre, né ad offrirgli alloggio, poiché quest’ultimo l’aveva prostituito”. Testimoniando una grande lectione di civiltà per lo mondo intero (le norme sul prossenitismo prevedevano che il cittadino ateniese accusato de lo sfruttamento della prostitutione venisse allontanato dalle cariche pubbliche, politiche, civili e religiose), et soprattutto alla moderna civiltà che ha fatto del latrocinio, della vendita de le pudende, della corruzione e dell’interesse individuale una virtù et quasi un’ideologia. Come in genere avveniva, et come difatti fece Nicarete, accanto all’istrutione amorosa si dava alle fanciulle un’educazione destinata a fare di loro delle cortigiane quotate nel mercato di Corinto (che era un po’ la borsa della prostitutione). Tale indottrinamento comprendeva:
– L’arte di saper utilizzare lo amore secondo lascivia lo corpo;
– Una conoscenza dei belletti (cerussa o biacca, ottenuta con carbonato di piombo, su cui spiccava il rossetto che si produceva dalla spremitura di more, piante e alghe. Ma sui belletti dell’antichità et sui modi di fabbricarli puoi leggere il libro di B. Grillet, Les femmes et les fards dans l’antiquité grecque; Lione 1975);
– Sui modi di ottenere artificialmente una figura ideale (ad exempio: se una era picciola di statura le si insegnava ad inserire nelle scarpe una suola di sughero; se invece troppo alta lo consiglio era quello di camminare con la testa insaccata; se non aveva fianchi si rimediava con un’imbottitura cucita sotto i vestiti; per non parlare dei vari seni posticci et de le altre diavolerie della tecnica pornotropa);
– Il maquillage, che era riservato quasi esclusivamente alle prostitute;
– L’arte del comportamento et delle buone maniere (imparando a ridere con misura et a intrattenere con contegno gli uomini senza buttarsi tra le braccia loro come una donna da strada; quella che aveva una parte del corpo particolare o bella doveva fare in modo di denudarla; quella con bei denti veniva abituata a sorridere; et se una proprio non sapeva ridere era invitata a portare sulle labbra un rossetto di mirto che la costringeva in qualche modo a tenere la bocca aperta);
– In ultimo venivano impartite lectioni sulla danza, il canto, il suono del flauto et della lira. Senza naturalmente trascurare i modi di stare a tavola.
1) Scrive Strabone che “Il santuario di Afrodite era talmente ricco, che possedeva più di mille prostitute sacre offerte agli dèi”; Geografia, VIII, 378.
2) A proposito di Frine, è noto il processo intentatole con l’accusa di empietà, e la condanna a morte che si risolse in suo favore grazie alla trovata dell’oratore Iperide, che la fece spogliare nel tribunale, così che gli eliasti giudicarono un delitto mandare al patibolo una donna tanto bella.
3) Nell’età classica lo amore veniva fatto unicamente di fianco, in quanto nessuno degli amanti (nel rispetto delle regole della polis) doveva dominare l’altro. Se lo marito stava sotto la moglie perdeva di prestigio (Seneca rimproverava severamente le donne che “Nate per il ruolo passivo, si permettevano di salire sul maschio come delle libertine”), mentre le prestationi oscene potevano essere richieste solo alle prostitute o agli schiavi. Vi fu però un’eccezione famosa, Andromaca, moglie di Ettore che (come racconta Marziale) “Montava così bene il marito che tutti e due ne provavano grande piacere”. Da allora tale modo di congiungersi è passato alla storia come la posizione di Andromaca..
4) Meglio di altri J. G. Frazer, nel Ramo d’oro, ha studiato le affinità tra la prostituta e la santa.
Continua …
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.