Da Gli italiani il sesso (la rivoluzione) lo fanno poco e male
La mania dell’ordine ricorda la follia domestica delle nostre mamme; si tratta di qualcosa che va al di là dell’ideologia o del fascismo, è la tendenza a mantenere le cose come ci hanno insegnato. Ognuna al proprio posto, secondo un’estetica della credenza che considera intruso l’oggetto fuori dai luoghi ordinari. Il tessuto ricamato a centrotavola e il resto deve girargli attorno. In Italia (in particolare) non c’è posto per il marasma copernicano. Le calze appaiate, le camicie appese, le donne gradite in cucina, il lavoro negli orari canonici e l’uomo nero fuori dalla porta; gli unici legittimati a importunare rimangono i Testimoni di Geova. I funzionari deputati a mantenere pulito sono le forze dell’ordine e gli italiani le considerano come spazzini. Desiderano lo stato di pulizia, non di diritto. Le mamme accettano le libertà della prole, che finisce però dove inizia la loro; dilatandola all’inverosimile nella casa e nel mondo, perché con la scopa ontologica potrebbero mettere ordine pure in quello. Non stupisce che i politici che riscuotono maggior consenso siano quelli che promettono la pulizia (etnica, morale, politica) e la pulizia coincide con la tradizione. Con la parola tradizione intendiamo il buffet di nonna, con le statuette intoccabili e impolverate che non si devono spostare; come un quadro di Seurat, nel quale è tutto bello ma immobile, non c’è vita. E infatti la natura si rivolta e lo fa come può; si chiama eterogenesi dei fini: il calzino scompare (inspiegabile ma è esperienza comune), gli acari invadono i tessuti, il marito è messo in mobilità e a disturbare la quiete non sempre è il religioso che al citofono prospetta il giorno del giudizio, ma Equitalia che viene a riscuotere il pizzo come un meschino delinquente di borgata. L’ordine fa riposare la mente, abitua alla consuetudine, dà le regole e la regola impone di non uscire con la camicia stropicciata. Abominio per l’occhio materno, sentenzia infatti che abbiamo preso una brutta piega. Ricordo mamma, non era particolarmente ossessionata, ma la pulsione c’era e si faceva sentire. Subivo l’ordine come un’imposizione, proprio come i bambini che rispondono con orgoglio ‘no’ quando sentono odore di comando. Non ero anarchico, ma piuttosto vivo nella mia confusione e ne andavo fiero. L’ostacolo rimaneva il battipanni, che quella cara donna somministrava come un farmaco nelle giuste dosi per ristabilire i ruoli. Aveva comunque una pessima mira e la mano stranamente leggera. L’alternativa era l’olio di ricino, ma era pur sempre una femmina democratica. Proprio come certa politica, che da sempre si serve del bastone e della carota. Strumenti che per morfologia si prestano a un uso incongruo per uno stato moderno, non solo demagogico. Quello a cui state pensando.
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