VADO A FARMI UN PISOLO (come diceva Biancaneve)

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“VADO A FARMI UN PISOLO” (Biancaneve)
Moravia sosteneva che la sessualità si nasconda ovunque, specie nella letteratura. Era convinto che anche Topolino, il fumetto, contenesse qualcosa di scabroso. Sarei pure d’accordo, ma davvero Minnie e Clarabella fanno passare la voglia anche a un ergastolano. E infatti pare che Gamba di Legno non abbia mai avuto questo genere di attenzioni per le due fanciulle. Il problema è che il peccato sta nell’occhio di chi guarda e i bambini -si sa- sono perversi e polimorfi. A me Biancaneve piaceva, lo ammetto. Ma io non faccio testo Per me le fatine delle favole e peggio ancora le matrigne hanno caratteri fortemente erotizzati; più volte guardando la strega di Biancaneve m’è capitato di pensare: “Io me la farei”. Tornando alla principessa e ai sette nani, l’idea dei fratelli Grimm (ma non solo, perché la narrazione di Schneewittchen si perde nel tempo) era quella di sistemare una bella giovinetta tra i sette vizi capitali. Vizi addolciti nei caratteri e nella lingua, ma pur sempre tali. Abbiamo quindi una vergine (o supponiamo tale), la tentazione, la mela, il manicheismo tipico dei racconti popolari, il principe. La parola principe viene dal latino prin-cipem e vuol dire “colui che prende per primo”; che cosa prenda non sta bene dirlo, ma i bambini maliziosi come sono normalmente ci fantasticano. La filologia non è cosa da poco quando parliamo dei Grimm, basta pensare alla compilazione del “Deutsches Wörterbuch”, opera fondamentale per la cultura tedesca. Nella edizione del 1812 Biancaneve non viene svegliata dal principe, ma da un servo, che stanco di trasportare il corpo della ragazza, apre la teca e le dà un pugno. Il temine pugno deriva da pungere e non mi dilungo sulla metafora sessuale (e sulla licenziosità della fanciulla). Piuttosto due parole sulla metonimia, giusto per non fare incazzare Moravia. La favola comincia così: “Si punse un dito con l’ago e tre gocce di sangue rosse come rubini caddero sul bianco manto nevoso. Tanta era la bellezza di quelle tre stille rosso fiamma sul bianco immacolato che la regina…”. Nelle narrazioni fiabesche i protagonisti si pungono, le rose sono innumerevoli, il sangue non manca. Non insisto sul pungiglione, perché avrei da dire qualcosa pure sull’Ape Maya. Ma quella è appunto un’altra storia.
(Per me Biancaneve gliela dava ai sette nani)

Autore: Giancarlo Buonofiglio

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