TORNATE A LEGGERE, CHÉ I SOCIAL VI FANNO MALE

Se parli male ragioni male e ti comporti peggio. La grammatica non è qualcosa di marginale, è l’ordine che diamo al pensiero. I commenti che si leggono in rete su Valentina V. * rilevano un dato statistico interessante: le costruzioni sintattiche più volente hanno una semantica prescolastica, tradiscono la sindrome da deficit fonologico e disprassia verbale ad andamento paranoide e un vocabolario che non va al di là delle cinquanta parole. Niente a che vedere con le grammatiche del quotidiano dei contadini e degli operai del dopoguerra. Quella italiana è una lingua viva, evocativa, sensibile alle flessioni territoriali; gli uomini delle campagne la modulavano con competenza e profondo rispetto per le parole. Nella lingua ordinavano il quotidiano e si davano delle regole. Mi pare invece che questa analfabetizzazione di ritorno, sgrammatica e decomposta, gutturale prima che compiuta nelle forme adulte della comunicazione, fortemente contaminata dal t9 e e da un uso disinvolto di una tecnologia che non si padroneggia sia qualcosa di profondamente diverso. Certo c’è anche chi si cimenta in sottili questioni teologiche: “Dio? Dove era in quel momento?” A cui segue la sentenza implacabile: “Dio non esiste”. Teologia negativa dunque, onore al merito. Articolare vuol dire ragionare, vedere le cose da diversi punti di vista, attingere da un dizionario disomogeneo e variegato. Qua siamo invece alla rigidità del pensiero e della lingua. Se conosci cinquanta parole vedi solo cinquanta cose e il mondo diventa infinitamente piccolo. Sempre in termini teologici c’è anche la “buonista” (la chiamano così i cattivisti): “Chi non ha peccato scagli la prima pietra”. L’argomentazione è forte e meriterebbe due righe in risposta; e infatti arrivano: “Sei qualche parente x caso . La devono ammazzare a sta troia”. Argomento inconfutabile e allora si procede oltre. “Lurida troia”, “bastarda”, “In galera le faranno festa .. !!! Trasferitela a Palermo noi sappiamo cosa farne”. Qua abbiamo proprio uno spostamento verso la filosofia pratica, perché le parole non bastano più e perlamiseria la preda va data in pasto al branco: “Non ha avuto pietà per il bimbo perché dobbiamo averne noi per lei?”. Il noi fa ovviamente riferimento a un’identica percezione delle cose, allo stesso linguaggio: noi, i buoni, siamo nel giusto e perciò giustiziamo. È una questione logica: se sono nel giusto, giustizio e ‘ntuculo alla legge, la legge siamo noi. E allora il gruppo si ricompone: “io butterei ii dal balcone questa e la pena che devi pagare brutta stronza😬😬😬😬😬“, “Ma che dici … Nn capirebbe niente … deve essere bruciata viva”. La regola della comunicazione (in questa come in altre discussioni) sembra insomma consolidata: uno parte con l’aggressione e la minaccia e presto arriva un simile a dare il contributo. I simili, come i coglioni, vanno sempre in coppia e fanno gruppo. Dove c’è un gruppo ci sono tanti “simili” e nella pagina di questa signora (come anche altrove) i “simili” davvero non si contano.

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* Il fatto è noto: una giovane donna getta dal balcone il figlio e il bimbo muore. Il web si scatena, l’italiano di norma belante col padrone si mostra feroce coi disgraziati. Perché sempre disgraziati comunque sono. I commenti su Facebook nella pagina della donna sono migliaia, ho provato ad analizzarne alcuni. La regola è il punto esclamativo e qua si sprecano: come dire tiè o ‘ntuculu e più ne metti più ‘ntuculo lo prendi. L’italiano, inteso come lingua, latita (nel carattere fa invece sentire la fulgida presenza) e all’assenza del congiuntivo siamo però abituati. Il ke scritto con la k viene inteso come un rafforzativo e la x in luogo di per serve a demarcare la differenza antropologica: la lingua italiana è roba da checche intellettuali (e dunque di sinistra), noi siamo altro, nonrompetecilaminchia. I più imbestialiti invitano alla violenza (bruciamola, se ero io ti ficcavo… vabbè ci siamo capiti), altri, gli apocalittici invocano la giustizia di Dio. Io non sono pratico della materia, ma mi pare di ricordare che Dio fosse agape e misericordia. L’aggettivo puttana è la regola e vuol dire: sei un corpo sessualizzato e dedito al piacere piuttosto che all’amore. Sembra che il piacere svilisca l’amore, bah. Troia, cagna etcc. I commenti più garbati sottolineano il disagio mentale della signora e l’opinionista italiano rivela una insolita preparazione psicoanalitica. Le sentenze più violente (e questa cosa mi ha stupito) vengono dal mondo femminile (70 a 30 direi), bassa scolarizzazione, qualche nostalgico fascista. Alcuni commenti li ho trascritti fedelmente qua sotto; buona lettura.

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C’è quella che dà consigli: Troia puttana 😤 xke ucciderlo xke portarlo in grembo x 9 mesi x poi ucciderlo xkeeeee bestia bastarda devi crepare… Nessuno deve avere pietà di te merdaccia umana potevi portarlo in ospedale e rimanere anonima bastarda

Quella che era meglio se chiudevi le gambe: Solo un essere spregevole ed ignobile arriva a qst….sta piezz e puttana bucchina prima gli è piaciuto aprire le gambe…x nove mesi ha nascosto la gravidanza a tutti dicendo che nn sapeva di essere incinta….ha avuto la freddezza e la lucidità di buttarlo giù…ma che psicopatica di 💩💩💩💩 rinchiudetela in un manicomio e buttate le chiavi….

Quella che è stata in carcere: Brutta puttana di merda spero che alle vallette ti mettono subito una corda al collo dopo averti torturata bastarda che sei non meriti neanche la galera tu… meriti torture e morte… non sei una donna e neanche una mamma perche loro non fanno del male hai propi figli tu invece hai avuto il coraggio di uccidere un anima innocente 😈😈😈 crepa all inferno troia maledetta

Il mistico che invoca il giudizio divino: BRUTTA SCHIFOSA, SEI UNA VERGOGNA, MERITI DI MORIRE DOPO TANTO TANTO DOLORE!!!
DEVI SOFFRIRE….NON HO PAROLE BRUTTA TROIA!!!! GENTE COME TE NON DOVREBBE ESISTERE DIO TI DOVEVA FULMINARE PRIMA!!!

Quella di prima che è stata in carcere e ce l’ha anche con tale Mario R.: Mario R. sei un indegno e infame come XXX che di conseguenza spero che quando la mettono nel femminile delle vallette la appendono con una corda alle sbarre della cella sta puttana infame… e tu se sei il marito sotto falso profilo se…Altro…

Una signora interviene a moderare i commenti: siete solo dei meridionali.

Quello che le donne sono tutte: troia di merda….che tu possa marcire all’inferno insieme a chi ti ha aiutato.

L’esperto del sistema giudiziario: Magari la farà franca uscirà presto farà una comunità di recupero e poi libera….
Ma la gente che incontrerà povera lei meglio che si cambia i connotati

– al rogo

– bruciamola viva
(Due promani)

C’è anche chi prospetta l’eugenetica: Una persona malata di mente non dovrebbe mettere al mondo i figli

– Io penso che la colpa più grande ce l’abbia il marito

– Cosa cavolo c’entra il marito?

– il marito oltre a mettere il cazzo in culo non ha fatto nulla.
(Sillogismo perfetto)

Quella coi punti esclamativi: Sei la peggiore delle speci (e già: se specie è al singolare, il plurale dovrà essere speci)… Non so come definirti,ma sicuramente non sei una madre… Sperò tu marcisca in galera e che ti torturano fino alla fine dei tuoi giorniiiiiiiii !!!!!!!!!!!!

Quello che sei mignotta tu, tua madre e tua zia: Brutta puttana devi morire sia tu che quel figlio di puttana di tuo marito!!! Fate schifo bastardi di merda!!!! Meritate di morire torturati lentamente brutte merde indegne!!!

Grande troiaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa se ti terrei nelle mie mani ti farei fare una brutta fine.

Che Dio ti fulmini

Un ardito posta la foto del duce; la didascalia dice: ecco chi ci vorrebbe per salvare questo schifo di paese.(se non ricordo male nell’ultima guerra i morti sono stati 50 milioni, ma non si può pretendere di più)

Quella che la tortura non basta: SE TI AVREI TRA LE MIE MANI TI INFLIGGEREI TALMENTE DI QUELLE COLTELLATE CHE NON HAI IDEA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! MA SENZA FARTI MORIRE!!!!!!!! TI FAREI SOFFRIRE TANTO FINO AGLI ULTIMI TUOI 10 RESPIRI….. POI TI DAREI FUOCO LENTAMENTE!!!!!!! UNA MORTE LENTA ED AGONIZZANTE!!!!!!! E POI TI SQUAGLIEREI NELL’ACIDO!!!!!!!!!!! PER ELIMINARE DALLA TERRA OGNI TUO RESIDUO INUTILE SUPERFLUO! CHE TU PUOI MARCIRE NELLE FIAMME DELL’INFERNO!!!!….. E TUTTO IL TEMPO CHE PURTROPPO RESTERAI SULLA TERRA, DIO TI PUNIRÀ!!!!!…. STANNE CERTA!!!!!! MI AUGURO SOLO CHE TU POSSA FARE UNA LENTA E BRUTTA FINE DATO CHE NON TE LA POSSO FAR FARE IO!!!!!!!!!!

– Purtroppo la giustizia Italiana fà questo , non ce da meravigliarsi se tra un mese o domani anche è agli arresti domiciliari ..

Mario R. (quello con cui ce l’ha la signora che è stata in carcere):
Se ci fosse giustizia in italia le teste di cazzo che stanno qua a commentare non avrebbero diritto di voto

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Ma il commento più bello a mio parere è l’ultimo e lo condivido:

“Io spero che mettano tutti voi in manicomio”.

LO SFASCISTA

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Adoro quest’uomo, come tutti quelli che si trovano nel posto giusto a dire la cosa sbagliata. Mi piace il suo qualunquismo, la demagogia, persino la sua inconsapevolezza ha qualcosa di poetico. Tre idee in testa, sgrammaticate, sostenute però con la caparbietà di chi non padroneggia i contenuti del pensiero e della lingua. Con la pertinacia di difendere l’indifendibile e tuttavia col candore di chi davvero non capisce. Sguardo spento, non tradisce alcuna articolazione, come coloro che si portano dentro un dolore profondo e non traspare che quello. Un’idea fissa, la rigidità di un pensiero che latita; è come prigioniero della propria identità. Vorrei dire della sua storia, ne avrà pure una al di là quella passata nei palazzi del potere. Limitato il tanto che basta per far carriera, riluttante, violento nel modo corretto per fomentare il rancore nell’elettorato. Razzista, ma pare essere una virtù. Mi piace perché ha l’impudenza di presentarsi come il nuovo; mi piace quel continuo monito alla legalità urlato dai banchi di un partito che qualche problema con la giustizia pure l’ha avuto; mi piace per il tono aggressivo che hanno quelli del popolo e mi piace quella rabbia mai sommersa in un uomo che vive delle istituzioni, con quel che ne consegue sul piano dei privilegi. C’è una strana incoerenza in quest’uomo e mi piace. Mi piace il suo linguaggio elementare, minimo, disartrico per inadeguatezza a una lingua più complessa; quello delle case popolari, della provincia, delle borgate. E dei manicomi.
Mi piace così tanto che copio e incollo alcune delle sue strategiche invenzioni linguistiche:

– Ho scritto al presidente di Atm perché valuti la possibilità di riservare le prime due vetture di ogni convoglio alle donne che non possono sentirsi sicure per l’invadenza e la maleducazioni di molti extracomunitari. E andando avanti così le cose saremo davvero costretti a chiedere dei posti da assegnare ai milanesi: sono davvero una minoranza e come tale va tutelata.

– Il matrimonio è fra un uomo e una donna e i figli nascono da un uomo e da una donna. Senza la famiglia fondata su una mamma e su un papà la società finisce…

– Sapete che la Russia ha scelto di sospendere le adozioni con tutti i paesi stranieri tranne che con l’Italia, perché qui non ci sono coppie gay che possono adottare un bambino. Se è così, viva la Russia.

– Senti che puzza, scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani. Napoli lebbra, Napoli colera sei la vergogna dell’Italia intera (video https://www.youtube.com/watch?v=5fOaT5PsE4Q)

SIAMO SEMPRE “IO” AL CITOFONO DI QUALCUNO

Ci sono quelli che al citofono dicono “sono Io”, rimanendo delusi quando si sentono rispondere: “Io chi?”. E in effetti il mancato riconoscimento di quel che siamo, della nostra identità suscita uno stato d’ansia e mette di malumore. Mio padre no, lui articolava. Ciao sono io. Io chi? Tuo figlio. E lui: “Quale?”. Il “quale” introduceva un decentramento tra me e lui e metteva il mio Io in un angolo. Andava anche e oltre a dire il vero. Perché (e non ho mai capito se era serio o mi prendeva in giro) quando rispondevo “Gianni!” lui incalzava: “Gianni chi?”. Tuo figlio. E così ad infinitum.

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A parte il desiderio di conferma dell’identità, per quanto precaria e fragile, nel riconoscimento (che è un conoscere di nuovo) si muove un gioco di specchi tautologico: l’io ripete se stesso e il processo si può dilatare all’infinito. Per essere riconosciuti abitiamo e abituiamo l’altro, in qualche modo lo addomestichiamo.

PER FAVORE ADDOMESTICAMI

Siamo abitati dalla lingua; la lingua si muove su due piani, quello primario si riconosce dall’uso costante di alcune parole che diventano determinanti per dare un ordine al campo più superficiale del linguaggio. Il fondo della lingua è il luogo comune su cui costruiamo una familiarità, l’abitiamo e l’abitudine diventa una regola e poi una legge, secondo un comune modo di vedere e sentire. In sostanza quando parliamo trattiamo alcune parole come cose e su quelle costruiamo le nostre certezze. E’ una manipolazione di cui si serve ampiamente la politica. La riproposizione continua crea un contenuto, rende la parola reale, la svuota dei significati caricandola di senso. Anima, Dio, famiglia, Stato sono alcune di queste parole che accentrano l’attenzione e coinvolgono le emozioni, rimandano a una condivisione profonda di contenuti. E’ per questo che parliamo di famiglia, di anima o di Stato come enti reali; trasformando le parole in cose le rendiamo solide e vere.

Nel Piccolo Principe si legge: Per favore… addomesticami… Volentieri, disse il Piccolo Principe… Che cosa bisogna fare? Bisogna essere molto pazienti, rispose la Volpe. In principio tu ti sederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guardero’ con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino… Il Piccolo Principe ritornò l’indomani. Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora, disse la Volpe. Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore… Ci vogliono i riti. Che cos’è un rito? Disse il Piccolo Principe. Anche questa è una cosa da tempo dimenticata, disse la Volpe. E’ quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni. Funziona così.

Le parole selezionate si ripetono e vanno ad assorbire tutta quanta la lingua, danno luogo a una ritualità. La continuità è un processo di addomesticamento profondo e radicale. Nelle televisioni e giornali è evidente la ricorrenza di alcuni termini. Extracomunitario, omosessualità, Isis, spread, famiglia, vengono proposti come universali e s’impongono nella lingua fino a modificare l’ordine mentale. E così percepiamo di essere invasi dall’uomo nero, ci nascondiamo nella famiglia quando sentiamo parlare di omosessualità, investiamo in una banca perché l’inflazione è alle porte. Diventiamo governativi e governabili davanti alla parola terrorismo. Un uomo libero padroneggia la lingua, ma il più delle volte vogliamo essere addomesticati. Qualche anno fa è stato votato il referendum sulla fecondazione assistita; pulman di cittadini con un’improbabile semantica sono corsi ad abrograre una cosa definita inseminazione eterologa. Quando viene chiamato all’ordine il popolo vota. Una folla di elettori con tanti io e nessun noi, che legifera e parla di cose che non conosce con una lingua che non padroneggia. Un popolo così che se ne fa della libertà? Vuole essere addomesticato.

Buon anno insomma; da me, dal mio io. Io chi?…

“LAVORARE GRATIS”

Jovanotti:Lavorare gratis è un’esperienza formativa“. Per non deluderlo questa mattina ho scaricato da un sito pirata il suo ultimo cd. Tutti buoni a fare i liberisti con la precarietà degli altri.

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Siamo persone, caro Jova, non onlus. Se lavoriamo ci pagate. E’ ora di finirla con uno Stato che chiede l’impegno etico ai cittadini mentre invia le letterine di Equitalia. Il capitalismo italiano distribuisce non secondo bisogni o necessità. Si mette in tasca i proventi e li porta dall’altra parte del mondo. Più che il merito premia la furbizia, non produce benessere generale. Il capitalismo italiano genera schiavi e non cittadini, è il cancro dello Stato. Niente a che vedere con il normale liberalismo europeo o anglosassone; ostacola l’iniziativa privata, contrasta la concorrenza, impedisce il libero mercato e la circolazione di idee e merci. Sono una decina e hanno in mano l’economia del Paese; si definiscono imprenditori ma sono in realtà volgari rubagalline.

 

LE FIGURINE DI RENZI

La fake news è una notizia falsa che ha tuttavia la credibilità di una cosa vera. La credibilità più che nel racconto consiste nella capacità di eccitare la fantasia e l’immaginazione, dicendo al pubblico quel che vuol sentire. L’immaginazione produce le immagini, la fantasia partecipa alla formazione dei simulacri ma limitata nell’ambito di un discorso letterario. E’ la letteratura, ovvero la traccia culturale a fornire l’iconografia digeribile al carattere liturgico della mente. La differenza con le allucinazioni è sfumata; nella malattia c’è un coinvolgimento emotivo e un turbamento dei sensi che manca nell’immaginazione. La convinzione che quelle immagini esistano nella realtà. C’è poi un’immaginazione sottile, i cui idola sono certificati dalla dall’abitudine; si tratta di credenze suffragate dai bisogni, dalle carenze intellettuali, dai limiti della ragione. Immaginazione, letteratura, allucinazioni e bisogni portano alla produzione di rappresentazioni che dalla realtà sconfinano nella verosimiglianza assumendo la consistenza della sacralità; e allora diventano un pericolo reale.

Il bisogno è come una fame primitiva, fornisce un corpo alle icone, assorbendo una richiesta intellettuale intollerante alle domande. Le risposte prodotte da tali rappresentazioni ricordano i giochi dell’infanzia che facevamo con le figurine dei calciatori. I quali appunto e proprio in ragione di quella tangibilità del sacro che mettevano in tasca, diventavano idoli. E noi idolatravamo come divinità dei normali seppur bravi giocatori di pallone. Era tutto sommato un’infanzia sana in una devozione che non sconfinava nell’allucinazione; sapevamo con certezza che si trattava di un gioco e soprattutto, pur con qualche reliquia in mano, che la vita è un’altra cosa. Eravamo fenomenologi in sostanza; l’ontologia che fa di quelle immagini qualcosa di vero, non comprometteva il nostro disincanto.

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Le fake news. C’è una tecnica banale nella comunicazione, si tratta di ripetere un messaggio per farlo sembrare vero. Si parla appunto di pubblica opinione, di doxa e non di scienza. Sono decenni che chi sta al governo si serve di questa ordinaria funzione del linguaggio e tuttavia i risultati si vedono, onore al merito. C’è però un limite a tutto, anche all’arroganza. E vengo al cazzaro; l’aggettivo non è mio, se l’è guadagnato sul campo; provate a scrivere la parola cazzaro su google e viene fuori il suo nome. Succede quando usiamo le parole per convincere e persuadere e non per dire la verità. Renzi aveva promesso di cambiare il Paese e molti in buonafede gli hanno creduto. L’azione del suo governo si è così tradotta: Jobs act, voucher, articolo 18 cancellato, banca Etruria, Mps, buona scuola, 203 prestazioni sanitarie sono diventate a pagamento, anticoncezionali in fascia C, esproprio della casa dopo 7 rate, disoccupazione 11,4%, disoccupazione giovanile 37,9%, Inps +5%, Rai lottizzata e giornalisti epurati, legge bavaglio sulle interecettazioni, sconti e condoni milardari alle macchinette del gioco d’azzardo, F35, trivelle, il ponte. E troppe ancora ce n’è. La richiesta era di una maggiore serenità sul lavoro, che per come è stato concepito negli ultimi venti anni ha massacrato le famiglie. Ebbene il governo Renzi ha cancellato le ultime tutele rimaste (dalla prima corrosione di Treu) e diritti, il Job act si è rivelato una truffa. Nelle cooperative, nelle imprese e nelle multinazionali, i lavoratori vengono licenziati e riassunti aggirando l’articolo 18. Per i lavoratori a tempo indeterminato, finiti gli sgravi fiscali alle aziende (22 miliardi di euro alle imprese) i contratti a tutele crescenti si sono trasformati in precarietà e in voucher; in sostanza lavoro nero e capolarato legalizzato. Di fatto l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori è morto. Le imprese hanno libertà di licenziare; la produzione viene esternalizzata, mentre le aziende ricevono soldi pubblici e ammortizzatori sociali che usano per ridurre diritti e salari. La riforma non ha creato occupazione, ed è irritante che il virgulto con la h aspirata insista con la bugia; ha piuttosto amplificato la precarietà a sistema. Inutile dire che ha calcato la mano del fisco anche sui risparmi, detassando il gioco d’azzardo (sulla cui proprietà qualche perplesità è legittima). Renzi è a capo di una coalizione (non solo di un partito, già delineata col Rosatellum) di prestigiatori; va in televisione a raccontare illusioni sulla crescita, mentre la disoccupazione sale e le famiglie soffocano nella precarietà. Non credo sappia cosa significhi vivere con l’ansia di perdere il poco; la vede solo lui la crescita, l’Istat e i giornali compiacenti che spacciano le fake news della politica per verità.

SONO APPARSO A PAOLO BROSIO

Sono apparso a Paolo Brosio. Ieri notte. Dopo lo stupore, perché non ho i caratteri della Beata, mi ha preso comunque le mani. Commosso come ero io alla prima comunione. Ha mormorato qualcosa con quella vocina stridula, ma non so bene. Un’apparizione è pur sempre un’apparizione, gli iiconoclasti non possono capire. E lo so che la notte dovrei dormire invece di andare per sogni altrui. Ma mi piace Paolo Brosio e ogni tanto gli appaio.

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SECONDA STELLA A DESTRA

In matematica si dice che due punti si uniscono in una linea retta, tre costituiscono un campo piano, a due dimensioni, ma serve un quarto punto per dare luogo a uno spazio tridimensionale, Questo quarto punto deve essere collocato fuori dal perimetro ordinario. Non è una questione banalmente geometrica, si tratta di un profondo ordine generale. Disponiamo il nostro vivere su un foglio privo di spessore mentre quello che dà un senso è un fuori luogo, qualcosa che sta altrove. La presenza di questa assenza è una costante; assume diversi nomi e si pone come la causa ultima delle cose. Ricercare le cause e i principi primi vuol dire focalizzare quel punto esterno come istitutivo e fondante. E’ una funzione non solo degli individui, ma delle comunità; dalle più piccole a quei mostri della civiltà che chiamiamo Stati. Ogni comunità si organizza sulla base di un finalismo telelogico. Kant aveva compreso la centralità di quella coordinata esterna alle cose e pur non conoscendola doveva supporla per dare un senso a quel che vedeva. Ma era cauto e sapeva che si trattava di qualcosa di affine alla logica, ma non di logica e meno che mai di conoscenza. Il problema nasce col passaggio dalla logica all’ontologia; al quarto punto viene dato un corpo fisico attraverso un cortocircuito del pensiero. La metafisica, che nulla dice del vivere e non estende il sapere, ma dispone l’assetto delle cose fornendo loro una solidità giuridica; stravolge il campo rendendolo tridimensionale. Non troppo lontano è andato Lacan; non tollerando l’assenza e il vuoto, riempiva lo spazio con qualcosa, e questo qualcosa proprio in quanto cosa doveva anche essere presente o reale. Ed è questo il problema: a quella costante che è assenza e mancanza diamo il nome e il corpo della presenza; il vuoto assume una corposità esasperata, gli Stati e i loro ordinamenti adeguano le leggi su qualcosa che non c’è. E nel particolare anche la vita dei singoli individui è abusata da questo al di là della coscienza. Il quarto punto continua ad essere collocato altrove determinando da un non luogo tutte quante le articolazioni dell’esistenza.

HO FONDATO UN PARTITO

Ho fondato un movimento politico, lo fanno tutti. Il mio conta un solo iscritto. Si tratta di un partito senza voti e consenso. Manca di una sede e non ha comitati; non rappresenta nessuno, perché non siamo delle rappresentazioni; non dà voce a un’ideologia, perché siamo persone e non idee.

 

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per una politica del corpo

Il MOVIMENTO DELLA DEFORMITA‘ non ha un colore politico né uno statuto; non si radica nel territorio, svella piuttosto dalle radici. Non appartiene e non dà appartenenza, perché la proprietà è un furto. Non porta valori ma disvalori, deforma e non informa: il Movimento aborre tutto quello che è conforme. E’ un partito senza regole, prìncipi e principi, che non ha un capo e una coda. Quello della deformità è un Movimento che non si accoda.

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VIDEO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE

su Youtube DISCESA IN CAMPO

Noi, uomini e donne che aderiamo al Movimento siamo per il disordine, la cattiva sintassi, i paradossi concettuali, gli ossimori lessicali, le aritmie estetiche. Siamo per i linguaggi non convenzionali (e non convenzionati) nell’arte, nella scrittura, nella vita. Noi, uomini e donne del Movimento Della Deformità, rifiutiamo il logos e la teleologia semantica, la logica lineare, l’universo nei significati codificati unidirezionati e ci impegnamo per un’estetica nell’arte come nella vita di tipo circolare, chiaroscurale, gastrointestinale. Aderiamo a una ricerca superficiale, ottica, destoricizzata e decontestualizzata. Siamo per la cattiva digestione culturale, ascoltiamo le peristalsi dell’occhio, sosteniamo l’iperacidità e anzi la promuoviamo come un fatto di coscienza. Difendiamo il brutto, l’osceno, il satiro in tutte le sue forme. Non siamo DADA né DADAUMPA. Diffidiamo della parola “cultura” poiché siamo per una coltivazione manuale e contadina del sapere, diffidiamo della morale e delle sue storture epocali, diffidiamo delle aberrazioni concettuali e delle distorsioni metafisiche. Noi esseri deformi ci dichiariamo cultori dell’insuccesso, del fallimento, di un politeismo antropologico libero dai confini geografici, ideologici e temporali. Difendiamo il corpo e la carne in tutte le manifestazioni, anche patologiche, la mente nelle devianze, il pensiero paralogico. Aborriamo la lingua nella sua attuale codifica, la bellezza nelle transustanzazioni dell’Io, il diritto consustanziale all’economia. Crediamo nell’etica di Topolino più che in quella di Croce o di Marx, crediamo che i Puffi (pur essendo alti due mele o poco più) siano giganti della cultura, crediamo che Paperina sia più sexy di Belen, preferiamo Paperone che cerca pepite nel Klondike alla new economy che scava nel torbido. Pensiamo e ci battiamo per questo come cavalieri che brandiscono il pennello e la penna, di realizzare un mondo non più di ombre sbiadite, uomini demoralizzati e deumanizzati, ma di cartoni in/animati che fluttuano attraversando il tempo per dare vita a una città di carta svincolata da idee, miraggi e false credenze.

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Cartoni Inanimati, G. Buonofiglio 2015

PUNTI PROGRAMMATCI
– Alla logica deduttiva preferiamo quella seduttiva
– Siamo per l’errore in tutte le sue forme, aborriamo la verità e il suo concetto
– Crediamo, come quel saggio che si perse nel deserto alla ricerca di sé, che cercarsi è un bene ma essere cercati è comunque meglio
– La morale è l’altare su cui sacrifichiamo la nostra felicità
– Ripudiamo la guerra e mettiamo i liquori nei loro cannoni
– De/psicologizziamo e disinfestiamo l’occhio e la lingua dai vecchi retaggi freudiani
– Siamo per tutto ciò che è instabile, incerto, insicuro, a cominciare dalle categorie di spazio e tempo
– Non crediamo a un’etica senza un’educazione estetica
– La bioetica è un tribunale d’inquisizione, chiediamo lo scioglimento di congregazioni che perpetuano delitti contro la civiltà
– Amiamo e rispettiamo la natura, tanto da amarla anche contronatura
– Lo spazio è una contrazione/dilatazione del tempo
– La luce è l’arteficie di questa contrazione
– La contrazione dello spazio comporta il suo annullamento
– L’annullamento porta a una necessaria revisione dei confini geografici e conseguentemente giuridici
– Il tempo è mero flatus vocis ed è frutto della vecchia logica lineare secondo il prima e il poi
– Noi siamo per il durante, siamo esseri in transizione
– Lo spazio prima che un campo fisico è un campo poetico
– Non c’è verità senza giustizia, salute, bellezza. Tutto ciò che non porta a questi tre universali è contrario alla vita e alla civiltà
– Libertà di parola, di pensiero, di sesso. Il grado di civiltà di un popolo si misura con questi tre parametri. I treni forse arrivavano in orario, ma tutto quel silenzio è contrario alla nostra estetica di uomini e donne disarmonici
– Optiamo quindi per il rumore, in tutte le sue forme
– 2+2 fa 4… ma ci riserviamo il dubbio
– Causa-effetto: ci dichiariamo contro le relazioni logiche, alle certezze aristoteliche di potenza-atto preferiamo l’instabilità di Popper
– A Popper preferiamo comunque le poppe
– Ci dichiariamo contro le relazioni in genere, relazionarsi è creare uno spazio e una prigione di luoghi comuni. Siamo contro i luohi comuni
– Rifiutiamo il principio di identità e la carta di identità. Noi esseri disarmonici andiamo al di là di noi stessi, siamo quello che non siamo, che sfugge, che non si capisce. Siamo ossimori di transizione
– Il nostro motto è ambarabàcicìcocò
– Recitiamo Apelle figlio di Apollo… e ci commuoviamo per la palla fatta da Apelle
– Inorridiamo per la figlia del dottore che faceva l’amore con tre civette sul comò

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Inanimazioni G. B. 2001

ETICA DELLA DEFORMITA’

Noi Uomini e donne del Movimento rifiutiamo i concetti di bene a e male. Non siamo superiori né al di là, semplicemente stiamo al di qua. La nozione di al di là non appartiene alla nostra visione del mondo. Non siamo contro lo Stato, anzi lo difendiamo. Pensiamo però che che lo stato debba avere un nome (attualmente chi può delinque e nessuno sa chi sia appunto… stato). Proponiamo di chiamarlo Paperopoli. Sottoscriviamo il diritto del potente di opprimere, di depauperare, di schiavizzare, mallevando Paperone da ogni responsabilità giuridica, etica e morale. Difendiamo coi denti la Grazia da cui discende questo sacrosanto diritto e facciamo di tutto per entrarci anche noi nella “Grazia”. Siamo contro il diritto al lavoro, allo studio, al salario, alla dignità omosessuale e della donna. SGRUNT! Siamo contro la massificazione, noi non massifichiamo, al limite ma sì, ficchiamo. Siamo contro ogni forma di parità: noi uomini e donne disarmoniche siamo esseri dispari. Riteniamo la libertà una chimera della ragione, e il senso della giustizia una malattia dello spirito. Alla teleologia di nonna Papera preferiamo l’epicureismo di Ciccio. Ci dichiariamo liberi tanto da non incatenarci a un concetto sorpassato dalla storia, annullato dalla lingua, schiacciato dalla tecnica. Più che liberi siamo libertini. Crediamo alla felicità e difendiamo con tutte le nostre forze il bicchiere di vino con un panino. L’eudaimonia è stata confinata nel daimonion e sotterrata agli inferi. Noi pertanto siamo esseri inferiori, più che intellettuali gastrointestinali. Amiamo l’eugenetica di Walth Disney e l’apostasia di Gastone, manipoliamo l’anima. Aborriamo la verità e la morale su cui si è ritagliata la nostra vita, aborriamo la mistica che è fame nella pancia, aborriamo la legge quando è intesa settorialmente e geograficamente. Votiamo esclusivamente quando consumiamo. Siamo per l’uno parmenideo: per noi esseri disarminici non esistono popoli, culture, religioni e civiltà. C’è un solo spazio e un solo tempo, tutto il resto è noia. I confini giuridici sono sorpassati dall’omologazione indotta dalla velocità. Siamo però per la donnalogazione. In/sistiamo quindi nel dubbio paperoghiano e ripetiamo “perché l’ente e non piuttosto il nulla?”. Non solo non abbiamo la risposta, ma titubiamo anche nella domanda SQUARAQUACK! Siamo esseri senza spessore e forma, passeggeri senza senso, frattali privi di storia e di futuro; godiamo il presente e lo consideriamo un regalo. Non per niente si chiama “presente”. Viviamo e non viviamo, presenti/assenti anche a noi stessi. Noi esseri difformi siamo e non siamo.

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Inanimazioni G. B. 2002

POLITICA DELLA DEFORMITA’

– Abolizione dell’istruzione di Stato; non chiediamo la soppressione degli individui già devastati, ma una ghettizzazione
– Abolizione del titolo di studio; il cretino con la laurea ha rovinato ed è il nemico di questo Paese
. Abolizione degli ordini professionali e delle professioni
– Abolizione della tv di stato e di tutte le televisioni presenti nel territorio
– Chiusura delle scuole e abolizione delle leggi. Dichiariamo le leggi fuorilegge
– Abolizione del lavoro
– Abolizione dei sessi, delle razze, dei luoghi comuni. Aborriamo la politica dei luoghi comuni.
– Abolizione dei patrimoni e dei matrimoni
– Abolizione dell’educazione di Stato
– Abolizione dei confini geografici e culturali, di razza, di colore, di sesso, di specie
– Abolizione delle mestruazioni *
– Abolizione delle identità, del nome, dell’Io, della volontà
– Scioglimento della famiglia e dei gradi di parentela
– Obbligo alla lettura
– Coloro che non leggono almeno 300 libri all’anno decadono dai diritti politici e civili
– Obbligo all’ozio, chi verrà scoperto anche solo ad appendere un quadro sarà punito severamente
– Ogni cittadino ha diritto alla felicità
– Ogni cittadino ha diritto al piacere
– Ogni cittadino che incontra un altro cittadino è obbligato a sorridergli; i trasgressori verranno inderogabilmente sanzionati
– Ogni cittadino ha il diritto all’orgasmo, anche sul posto di lavoro; il numero verrà stabilito nel rispetto dei bisogni individuali
– Ogni cittadino ha diritto a vivere senza ambizione, aspirazioni, ideali
– Ogni cittadino ha diritto alla follia in tutte le sue forme; lo Stato abolisce la normalità
– Ogni cittadino ha diritto a vivere senza idee, fede, valori, credenze.

Lo Stato si impegna a far rispettare i punti sopra citati; garantisce altresì:
– Il diritto alla disinformazione; coloro i quali avranno esercitato la professione del giornalista saranno privati dei diritti civili e politici, allontanati dalla città e espropriati dei beni
– Il diritto alla deformità; lo Stato incentiva e sostiene ciò che è informe o non conforme
– Diritti e pari dignità per tutte le specie viventi
– Lo Stato difende e sollecita il piacere nelle diverse espressioni
– Soppressione degli esercizi intellettuali non finalizzati alla soddisfazione del corpo.

Lo Stato protegge i suoi cittadini dalla cultura, dalle credenze, dall’informazione; difende e tutela il cittadino anche da se stesso.

ESTETICA DIELLA DEFORMITA’

Ogni cosa è luce spazio e tempo. Fedeli all’uno eleatico siamo per l’annullamento dello spazio e la contrazione del tempo. Il corpo non è immune a questo processo di de/composizione. Indeterminati nello spazio e nel tempo i nostri corpi si presentano deculturalizzati, depsiclogizzati, clarabellizzati. Anatomie deformate decontestualizzate, de/organizzate, avulse dal contesto estetico e dalle abitudini della lingua. Luci, parole, musiche vibrano come cacofonie distoniche, sono vita priva di organi che si muove nello spazio alla ricerca di un non senso. Noi uomini e donne deformi siamo e realizziamo cartoni in/animati senza finalità, privi di anima e senza Dio. Produciamo corpi di cellulosa che non si possono redimere né salvare, ospedalizzare o patologizzare.  Noi esseri deformi manipoliamo la vita nella sua profonda insondabile superficialità.

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Inanimazioni G. B. 2015

INVITO ALLA DEFORMITA’

Uomini e donne vi chiediamo di aderire al Movimento Della Deformità. Non abbiamo casacche né idee da vendere. L’ideologia è stata sotterrata e svenduta al supermercato col 3×2. Non abbiamo altro da proporvi fuori dalla nostra dignità di esseri liberi. Aderite alla nostra estetica di carta, non chiediamo che indeterminarvi. Come nel principio di Paperoga σχ σρ ≥ h/4π. Cerchiamo l’instabilità piuttosto che l’equilibrio, la probabilità prima della certezza. Vogliamo proseliti non prosseneti… SGRUNT!

* (Nota Personale)

VERSI PER VERSI

I lettori sono personaggi immaginari creati dalla fantasia degli scrittori.
Achille Campanile

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OSTE DELLA MALORA

Si sarà capito, con l’alcol ho un buon rapporto, fa male ma non gli porto rancore. Mi sono impegnato con Red a lasciare una testimonianza di un personaggio della sua saga Batmancito (se non l’avete letta la trovate nel blog, 21 episodi narrati con fantasia tolkieniana e rara eleganza; non sempre le saghe fanno male e la sua è  limpidamente epica) a lui (e a me per indecorosa epatoautobiografia) molto caro, l’Oste. Nell’ultimo episodio il Locandiere è oramai agonizzante, ma Red non si rassegna a lasciarlo andare. Ha chiesto quindi ai blogger che hanno seguito la vicenda un atto di umano raccoglimento (non fiori ma opere di bene), una memoria, qualcosa capace di tenerlo in vita oltre il racconto stesso. E’ il destino dei protagonisti delle narrazioni, se sono ben costruiti vivono di vita propria e non conoscono la parola fine. Personalmente è una parola che detesto; la fine è il punto, il limite, il baratro oltre il quale non c’è che il nulla. Solo un uomo sobrio può concepire che qualcosa finiscal’alcolista per indomita ostinazione manca di quella perversione. I racconti si fanno con le virgole, è la vita a mettere il punto.  Red mi ha aperto la sua web-bettola con il garbo di un signore d’altri tempi, con/versando tra un (neanche tanto immaginario) bicchiere di rosso e l’altro come si fa nelle osterie, mentre il Taverniere riempiva le brocche. L’Oste: bonario, coi mustache alla francese del film Irma la Douce, un po’ di pancia, la calvizie camuffata da un riporto imbarazzante e il grembiule sudicio; complice e mai giudice di un’umanità che versa nel bicchiere i singhiozzi della giornata. Potevo insomma rinunciare a celebrare colui che è amico e compagno nello sconforto, il consulente matrimoniale, psicologo e all’occorrenza avvocato; che trascurando le transaminasi si prende cura delle malinconie con saggezza, qualche volta con misericordia e sempre con il sorriso?

Questi aforismi etilici sono dedicati all’Oste, a Red e alle meravigliose storie che racconta e scrive sul suo blog.

 

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*L’uomo libero è scandaloso, spesso ubriaco, ha scarsa volontà ma anche tanta determinazione, è incerto e contraddittorio, pornografico a volte ma solo perché nulla ha da nascondere, osceno come quelli che indossano le stesse mutande per quattro giorni, sciatto, poco propenso al dialogo, di carattere e quando c’è è comunque un brutto carattere. Non conosce la vergogna e non ha pudore, sfrontato e genuino tradisce la debolezza solo davanti all’amore. E’ in cerca di purezza e la trova dove è di casa una passione.

*Un ricco e un povero sono seduti al tavolo e sopra ci sono dieci bicchieri di vino. Il ricco ne beve nove e dice al povero: guardati dal vicino che vuole rubarti il tuo.

*Il giudizio nasce dalla sobrietà, richiede una mente lucida e un cuore astemio. Chi giudica è freddo, indifferente, manca di una reale passione per la vita. E spesso è anche male informato.

*Il malinconico è angosciato dal bicchere vuoto, non lo tocca, osserva, non beve e lo lascia là. Manca dello spirito religioso che porta svuotarlo e della fede in qualcuno che comunque glielo riempia. L’empietà dell’astemio ha il tono dell’apostasia, ma anche della disperazione.

*Ci sono quelli che credono alla reincarnazione, alcuni alla trasformazione, altri ancora alla transustanziazione. Per quanto mi riguarda mi fermo alla fermentazione, a un Dio immanente ad alta gradazione. La mia metafisica è tutta qua e scorre nelle vie epatobiliari.

*E’ sufficiente un grado di moralità per mantenersi astemi, ma ci vuole una forte gradazione alcolica per sentirsi liberi.

*Quelli che hanno paura di ubriacarsi sono gli stessi che temono di innamorarsi, di difendere un’dea, di farsi carico di una passione. Sono quelli che dicono “solo un dito” quando qualcuno versa loro del vino. Misurano la vita con quel dito e giusto quello assaggiano.

*Appartengo a quelli che dicono “smetto quando voglio” e poi non vogliono. Ci dovrà pur essere un paradiso esclusivo per queste anime nobili che s’impegnano con una promessa e la mantengono.

*La normalità è un vino scialbo, a basso contenuto alcolico, adulterato e inconstitente al gusto; rimane sulla lingua e si sente nella testa più che altrove. Altra cosa è l’assoluto della follia, che passa dalla bocca e sconvolge il corpo senza alterarne l’equilibrio. Perché un buon vino transita per lo stomaco, ma arriva dolcemente al cuore.

*Mi piacciono le persone che nonostante tutto non finiscono mai di volersi bere.

*Le persone non sono indifferenti o prive di un carattere sociale. Spesso mancano di quella disposizione dello spirito che è il vino: più che aride sono a basso contenuto alcolico.

*Sono fiducioso, il bere trionfa sempre sul male.

*L’astemio è un ateo che ha paura di confrontarsi col silenzio del suo Dio.

*Il mio materialismo ha radici storiche ma non ideologiche, ha le sue ragioni nel vino. E’ un materialismo diabetico. La dialettica è cosa da uomini mansueti e con la glicemia in ordine, a me invece rode proprio il culo.

*La cirrosi non è una malattia, ma un traguardo (citaz.)

SIRI, JEANNIE, CORTANA E LE ALTRE

Ho un debito con Cuoreruotante e i debiti si pagano. Ho mancato di farle gli auguri in tempi ragionevoli e mi è toccata una penitenza; non è vendicativa e non è certamente una haters Cuore, infatti ha commutato la pena in un articolo sulla tecnologia. Quella però che più mi è ostica (e ostile), una relazione su Iphone, Android, Smartphone naturalmente dopo averli provati. Premettendo che uso un cellulare (li chiamo ancora così) coi tasti, comprato solo perché era pubblicizzato come telefono per anziani e che non mi porto dietro internet (l’idea di essere costantemente in una rete mi dà l’acidità di stomaco) la mia esperienza con questi aggeggi è stata la seguente.
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SIRI, la app dell’Iphone
Sembra che la Apple stia pensando di trasformare il software in una terapeuta. Con Siri ho parlato un paio di volte. Si tratta di una voce generata da un algoritmo e da una mente malata che risponde con tempestività alle domande. L’aggettivo malato (riferito al programmatore che ha sviluppato il dispositivo) non è offensivo, vuol dire distorto, alterato, deformato rispetto alle regole che una comunità si è data. La prima delle quali è la relazione con l’altro in un contesto di comunicazione in cui è assicurato prima ancora che la parola l’ascolto. Il problema di Siri è che non ascolta, non c’è una relazione anaclitica, non un passaggio di emozioni ma una corrente di parole, anzi fonetica rielaborata alla meno peggio da una computazione algebrica. Il software è semplice, binario, strutturato in bit e byte, 0 e 1 secondo una sequenza brutalmente logica che riduce al minimo l’articolazione decimale della lingua: se è non può non essere altrimenti il sistema si impalla. In sostanza: per parlare con Siri dobbiamo adeguare il linguaggio (e il flusso di emozioni) in bit e byte appunto modulandolo sul carattere del software. Che oltretutto (nel caso di Siri) è un caratteraccio. L’indole bisbetica mi provoca insofferenza con le persone, figuriamoci con le macchine; all’obiezione, che alla cpu del mio hard disk neuronale sembrava legittima: sei una cretina (e ammetto che il tono era insolente), mi ha risposto: non c’è bisogno di offendere. Permalosa come una suocera insomma. A questo punto mi tengo e litigo con la mia. Un’ultima annotazione: canta di merda, si trasforma in un razzo missile proprio non si può sentire.
Cito anche la fonte, così Cuore lo vede che mi sono preparato: https://goo.gl/jM1fAZ
LA MANUALITA’
Per me quei cosi non sono maneggiabili; problema mio e a quanto pare non ho il pollice opponibile, proprio non riesco a tenerli in mano. Tanto meno a pigiare i tasti. Vot: 3-4 non di più.
CYBERSESSO
E no, non ho provato. Come ho detto prima ho una manualità che fa disonore a Lamarck e poi non ho il pollice opponibile. Insomma la vedo dura. Però ho imparato una nuova parola: SESSEGGIARE. In serata dopo aver navigato come Ulisse, il canto delle sirene è arrivato. Ho trovato un messaggio in chat diretto e esplicito: “Ciao, ti va di sesseggiare?”. Ho analizzato la frase (e qua il perverso -ammetto- sono io): il ciao avvicina, assimila, familiarizza; ti va: ossia hai voglia di, cerchi sesso e vabbè il resto si capisce; sesseggiare è un neologismo giovanile, nato credo dalla Rete, che è un’altra lingua ed è bene ascoltarla perché sta modificando in profondità la struttura del linguaggio e quella mentale. La parola non mi piace ma non la trovo cacofonica, anzi; svincola il piacere dalla sua storia (che per la mia generazione era lunghetta: dal ti vuoi mettere con me a sentocheèvenutoilmomentodidareunasvoltaallanostrarelazione, e voleva dire proprio quello), circoscrive come tutti i termini nuovi in un gruppo e ritaglia dal resto del mondo. Con qualche rimpianto e per un fatto anagrafico appartengo tuttavia al resto del mondo, quello che per abitudine alla lingua non sesseggia. Perché il piacere parte da là (per quelli con la mia verecondia intendo), da parole che accarezzano e non graffiano. Ma i tempi cambiano e oggi si sesseggia e va bene così. Almeno finché non troverò in chat un messaggio pornografico del tipo: ciao, ti vuoi iscrivere al Pd? A quel punto comincerò piuttosto a sesseggiare.
DOWNLOAD
Per chi non lo sapesse vuol dire scaricare un file da internet. Ho aperto la pagina Twitter di Mario Adinolfi per fare il download di una sua foto (e sul perché stendiamo il velo pietoso, lenzuolo anzi vista la mole) e l’Iphone in autonomia l’ha salvata nel formato jpg-LARGE. Al software riconosco l’intelligenza nel riconoscere i formati (e gli sformati) e una buona dose di ironia.
NETIQUETTE
In Internet, con la parola netiquette si intende il complesso delle regole di comportamento volte a favorire il reciproco rispetto. Navigando sui social non solo ho imparato una nuova parola: UOMINISMO (per simmetria con femminismo) e il derivato uominicidio o maschicidio, ma soprattutto che le regole non le rispetta nessuno. O quasi. La storia sulla quale mi sono concentrato è questa: ad Arezzo una signora ha ucciso il marito con un mattarello e il popolo dei social si è espresso con improbabili neologismi. Ma non è questo che mi ha sconcertato (mi ero già rassegnato al ke, con la k), la Boldrini piuttosto. Lei che c’entra? I commenti che più mi hanno stupito sono i seguenti:
1) Come si definische questo omicidio? Presumo sia un UOMOINCIDIO. Il pendant del femmincidio. Solo per curiosità. Questo povero marito che male ha fatto?
2) Omicidio Boldrini, stupro Boldrini, violenza Boldrini, rapina Boldrini, terremoto ancora Boldrini….
Tesi: il pd con la crisi economica che ha creato sta uccidendo tutte le famiglie italiane
Antitesi: Sono le illusioni 5stelle che creano queste tragedie.
Sintesi: Un classico e poi i partiti sono tutti uguali
3) Ma non era meglio un piatto di tagliatelle ai porcini invece che fare arrabbiare tanto la moglie?
4) Cmque adesso boldrini e company non dicono cge bisogna fare una legge x proteggere gli uomini dalle donnne violente????
5): un altro maschilicidio
6) Finalmente un uominicidio!!
7) La moglie uccide il marito a botte di mattarello. Ci voleva (emoticon che ride)
8) Santa subito!
9) Ah, ecco a che servono quei bastoni de legno.
FAKE
Un fake è l’utente di un newsgroup, di un forum o di una chat, che falsifica la propria identità, spesso con lo scopo di danneggiarne la reputazione di qualcuno o di ottenere qualche vantaggio. Una fake news è una notizia falsa.
Aprendo pagine a caso in rete ho scoperto che è morto Paul Horner, Mr. Fake News. Il geniale inventore di bufale del web (in concorrenza con i giornali italiani, rispetto ai quali rimane comunque un dilettante.) Se n’è andato a 38 anni, così annuncia l’Huffingtonpost. Ma deve appunto essere un fake.
CYBERMOLESTIE
Nell’epoca del cybersesso non potevano mancare i cybergmolestatori. Ai miei tempi c’erano le bambole gonfiabili, da quel che vedo sono ora arrivate le cyborfanciulle. La vittima si chiama Samantha (una cybermora formosa decisamente sexy che costa solo 3000 sterline) e ha riportato danni gravi alle dita. E’ stata trovata sporchissima dopo la sua apparizione al Festival di Linz, ma la molestia si è limitata (pare) al palpeggiamento dei seni, delle gambe e delle braccia. Gli inquirenti non hanno rinvenuto tracce organiche sul corpo, le indagini sono però ancora in corso. Sembra comunque che la cybercreatura sia attrezzata per gemere quando quelle parti vengono maneggiate. Se ci sia stata complicità o mutuo consenso lo deciderà il giudice; trattandosi di una cyberdonna possiamo tuttavia supporre che il togato concederà ai cybersuini le attenuanti del caso.
Cito un’altra fonte, in modo che Cuore non mi annoveri tra i molestatori: https://goo.gl/Z5CsSF
Ed è il momento di trarre le conclusioni e di dare i voti: la tecnologia è bella e mi piace, mi piace meno chi la usa (sempre per via del deficit da pollice opponibile, che non mi ha fatto sviluppare le aree corticali ovviamente). Se si riduce a questo causa età geriatrica e sindrome da pannolone rimango fermo nella convinzione di Flaiano: la stupidità degli altri mi affascina, ma preferisco la mia.
Voto tecnologia: 9
Voto utenti generici (ma confesso che il voto basso è partorito dall’invidia per il dito prensile): 6
Voto utenti dei social (senza invidia): 1.
E con questo chiudo, cara dolce gentilissima Cuoreruotante, sperando di avere espiato, in ginocchio ma non sui ceci, su migliaia di microchip. Che è pure peggio.
Una domanda per te ce l’ho ed è più che altro un dubbio: non sarai anche tu una App?
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